Renzi, dimissioni referendum costituzionale: nuovo governo Monti o M5S al potere?

Fiammetta Rubini

06/07/2016

Se Renzi perderà il referendum costituzionale di ottobre darà le dimissioni. Dopo di lui ci sarà un altro governo tecnico o il M5S? Ecco gli scenari aperti dalle eventuali dimissioni di Renzi.

Renzi, dimissioni referendum costituzionale: nuovo governo Monti o M5S al potere?

La vittoria del No al referendum costituzionale di ottobre comporterà le dimissioni di Renzi e del suo Governo. Cosa succederà in questo caso? Quali saranno le conseguenze se il Governo Renzi si dimetterà davvero?

Continuano a persistere i dubbi riguardo il referendum costituzionale per cui andremo a votare in autunno. Non solo perplessità e domande su cosa votare tra Sì e No, ma anche sulle conseguenze che la vittoria del Sì o del No al referendum comporteranno soprattutto sul piano politico in Italia.

Infatti, come sappiamo e come il premier ha tenuto a ribadire anche recentemente, Renzi annuncerà le dimissioni nel caso in cui la maggioranza dei cittadini non volesse approvare la riforma Boschi sulla Costituzione. In poche parole, così come successo a Cameron con la Brexit, se Renzi dovesse perdere il referendum, la sua legislatura giungerà al capolinea. Fine del Governo Renzi e nuove elezioni (da cui potrebbe uscire vittorioso il Movimento 5 Stelle), oppure un altro governo tecnico sullo stampo del governo Monti.

Chiarito il fatto che se i No vinceranno alla tornata referendaria di ottobre, “si andrà tutti a casa” - per dirlo con le parole di Renzi -, quale sarà il destino dell’Italia nell’immediato post-referendum? Anche se il presidente del Consiglio ha perso consensi e sono in molti, anche all’interno dello stesso Partito Democratico, a volere la sua uscita di scena, cosa succederà con le dimissioni di Renzi dopo la vittoria del No al referendum? Ecco le ipotesi in campo e i papabili successori.

Referendum costituzionale, dimissioni Renzi: chi sarà il suo successore?

Per Matteo Renzi si avvicina l’appuntamento elettorale fissato per il mese di ottobre e va avanti tranquillo puntando tutto sul referendum confermativo delle riforme costituzionali. Tuttavia tutto fa credere che il premier non arriverà al prossimo autunno in forma smagliante. L’indice di fiducia inferiore al 40% rischia infatti di rendere il referendum sulle riforme costituzionali irraggiungibile.

Indebolito dal successo del Movimento 5 Stelle in città strategiche come Roma e Torino, e dall’inchiesta su Banca Etruria che ha interessato un ministro di primo piano del suo Governo come Maria Elena Boschi, l’estromissione da Palazzo Chigi in seguito al No al referendum potrebbe essere il colpo di grazia per il governo Renzi, che in qualche modo ricorda la perdita di slancio del governo Letta a febbraio 2014.

Per non parlare, poi, delle analogie tra la cacciata di Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi avvenuta a novembre 2011 e quella, eventuale, di Matteo Renzi nel post-referendum; il primo sfiancato definitivamente dallo scandalo Ruby, il secondo dall’affaire Banca Etruria.

Ma quali scenari si aprirebbero dalle dimissioni di Renzi? Una delle ipotesi è che, dopo il governo Monti, il governo Letta e il governo Renzi, si insedi il quarto esecutivo non eletto.

L’altra possibilità è che venga giocata la carta del Movimento 5 Stelle, ad oggi la seconda forza politica in Italia dopo il Pd. Il M5S ha dimostrato, anche dopo le amministrative di giugno, di star lavorando seriamente per lasciarsi alle spalle l’immagine di movimento di protesta, proponendosi come soggetto politico in grado di prendere in mano le redini del Paese sotto l’egida dell’onestà. In quest’ottica potrebbe essere Luigi Di Maio il volto più papabile per sostituire Renzi alla presidenza del Consiglio.

Alcuni rumor vogliono l’attuale presidente dell’INPS Tito Boeri nei panni di successore di Renzi nell’ipotesi in cui l’attuale premier dovesse rassegnare le dimissioni. Altri nomi spuntati sono quelli di Carlo Cottarelli, Direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale; mentre un altro nome che è spuntato è quello di Claudio Graziano, capo di stato maggiore italiano di recente nomina che potrebbe guidare un governo tecnico-militare di transizione.

L’alternativa al governo tecnico sarebbe tornare alle elezioni con la nuova legge elettorale da cui uscirebbe vittorioso il Movimento 5 Stelle, ma che si potrebbe ritrovare a dover gestire una situazione di parziale o assoluta ingovernabilità delle Camere. Ma resta aperta anche la strada della nascita di un governo tecnico dopo fallite elezioni.

Per approfondimenti leggi Italicum: come funziona la nuova legge elettorale?

Renzi, dimissioni dopo referendum costituzionale: un nuovo governo di unità nazionale?

Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, interrogato sulla possibilità che dopo un eventuale no al referendum si darà vita a un governo di unità nazionale, ha risposto con un risoluto no. “Dio ce ne scampi - ha detto - se Renzi dovesse dimettersi dopo il No al referendum, consegnerei al presidente della Repubblica le chiavi per indire le elezioni e far scegliere i cittadini. Il governo tecnico non è stato un motivo di stabilità per il nostro Paese, ma per chi è stato in Parlamento”.

L’ex segretario Pd Pierluigi Bersani ha affermato che non bisogna usare la Costituzione per dividere un Paese, per affermare supremazie personali o nuovi percorsi politici o per selezionare classi dirigenti. Secondo Bersani, Renzi non dovrebbe dimettersi perché è rischioso lasciare la Costituzione in mano ad altri: il voto al referendum non deve essere trasformato in un voto sul governo o nel laboratorio di un nuovo partito.

Intanto Ncd annuncia l’imminente addio a Renzi. Giuseppe Esposito, senatore vicino a Schifani parte della cosiddetta fronda Ncd, ha detto che il Nuovo Centrodestra è pronto a “lasciare il governo e ricostruire l’area moderata già da domani”.

Non si attenderà il referendum e non si teme neppure una probabile crisi di governo.

“Non dobbiamo aspettare nulla. Noi abbiamo contribuito ad approvare anche buone leggi, ma il referendum non rappresenta un passaggio politico: riguarda i cittadini e non è vincolante per il governo. Possiamo lasciare il governo e poi ciascuno può decidere se stare con il Sì o con il No”,

ha concluso Esposito.

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