l’Eurogruppo, in un riunione rapida e preceduta da dichiarazioni durissime, ha rifiutato di prorogare il programma di aiuti di sei giorni. Le dichiarazioni di Samaras e Valls.
Il Parlamento in Grecia ha approvato la richiesta del premier Alexis Tsipras di fare il referendum domenica 5 luglio che chiede ai cittadini greci di dire no oppure di accettare l’ultima offerta avanzata dalla ex Troika.
I voti a favore sono stati quasi il 60% per un totale di 178, 120 i voti contrari. Insieme ai deputati della sinistra radicale di Syriza hanno votato a favore del referendum quelli di estrema destra ,della formazione filo-nazista Alba Dorata. La votazione è avvenuta quasi in tempo reale mentre l’Eurogruppo in un riunione rapida e preceduta da dichiarazioni durissime con polemiche di fuoco ha rifiutato di prorogare il programma di aiuti di sei giorni.
L’accordo proposto dalle istituzioni, secondo Tsipras, è un’offerta "barbara e umiliante". Il governo greco non accetta queste condizioni, lasciando ora scegliere i cittadini, ai quali il primo ministro greco ha inviato il seguente messaggio:
Invito a pronunciarsi per il no e prometto che la porta è aperta per un accordo.
Durissimo l’ex primo ministro ellenico Antonis Samaras, leader del partito conservatore Nuova Democrazia che nel suo attacco in aula contro il referendum proposto da Tsipras, come riferito dall’agenzia greca Ana, ha detto:
Alexis Tsipras ha fallito drammaticamente e sonoramente e il suo referendum è una farsa. Sta chiedendo al popolo greco di approvare l’uscita dall’Unione Europea. Noi greci vogliamo rimanere fermamente nel cuore dell’Europa. Il referendum ci trascina fuori dall’Europa.
L’Unione europea non è compatta nel criticare la scelta del referendum decisa da Tsipras venerdì notte. Segnalata dai media è la dichiarazione del premier francese Manuel Valls che non ha criticato il governo greco per aver scelto la strada del referendum ed ha detto:
La Grecia torni al tavolo dei negoziati. Quando si chiede al popolo di decidere e di esercitare il loro diritto democratico, questo non dovrebbe essere criticato. È ovvio che in caso di risposta negativa c’è un rischio reale di uscire dall’Eurozona. Continuo a credere che un accordo è ancora possibile e invito la Grecia a tornare al tavolo del negoziato. La Bce è indipendente, ma non credo che taglierà l’ancora di salvezza alla Grecia.
L’uscita della Grecia dall’euro e per i trattati di conseguenza anche dalla Unine europea appare difficile da evitare ma forse non sconvolgerà i mercati finanziari anche se avrà un peso sull’Europa nel suo insieme e maggiormente sui paesi dell’euro. Proprio i 19 governi dell’eurozona non ci sono riusciti a realizzare un accordo accettabile dalla Grecia. I documenti del negoziato, purtroppo resi pubblici in prevalenza per iniziativa della delegazione greca segnano la distanza che c’è tra un aumento dell’Iva articolato in due aliquote con gettito più o meno di 0,93 punti di prodotto lordo e un aumento dell’Iva per 1 punto di Pil, questa era la distanza tra le due parti che era di certo ancora trattabile. Ovviamente con ulteriori riforme richieste delle pensioni e dei stipendi e senza capitali pubblici da investire il Pil non aumenta di certo. Peraltro deregolamentare ulteriormente il mercato del lavoro non aiuta una crescita dell’economia e incrementa la disoccupazione.
Rivolgersi al popolo è per molti una scelta giusta. Le critiche a Tsipras sono che ha deciso per il referendum quando si è reso conto che Sýriza si sarebbe divisa su un accordo con la ex Troika per gli aiuti che erano e sono restati tali di 7,2 miliardi di euro peraltro bloccati da agosto dello scorso anno. Altra critica è che Tsipras ha cercato di usare l’annuncio del referendum come arma per ulteriori concessioni e i governi dell’euro gli hanno risposto no. Si dice anche che sarebbe stato meglio indire un referendum dentro l’euro o fuori.
Gli altri diciotto Paesi hanno mostrato fermezza. Nelle ore che restano e almeno fino alla dichiarazione di insolvenza di martedì servirà che l’Ue parli ai cittadini greci e che spieghi anche i sacrifici in funzione dell’austerity che era oggetto del negoziato per equilibrare il bilancio. In Germania si pensa che punire un Paese serva a educarne altri. Naturalmente per evitare che i mercati si rivolgano contro i paesi deboli occorrono misure immediate che rinforzino l’edificio dell’euro che non sono in agenda Ue.
BANCA CENTRALE EUROPEA
Deve decidere cosa vuole fare sulle quattro grandi banche grece: Alpha Bank, Banca del Pireo, Eurobank e Banca nazionale di Grecia. La Grecia corre il rischio di uscire dall’euro se dovesse prevalere il no al referendum. Ha deciso di mantenere la liquidità d’emergenza e lascia immutato il livello di finanziamento. Nessuna proroga dell’assistenza Ela, liquidità d’emergenza, che avrebbe consentito alle banche di restare operative anche dopo la scadenza del termine di martedì sera.
Ancora lunghe code davanti ai pochi bancomat non vuoti.
L’intesa con i creditori era necessaria per sbloccare l’ultima tranche di aiuti di salvataggio da 7,2 miliardi, che avrebbe consentito ad Atene di ripagare al Fondo monetario internazionale un prestito di 1,6 miliardi di euro che deve restituire entro il 30 giugno ed evitare il default.
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