Se vi siete domandati almeno una volta se al momento della vendita dell’immobile dovete pagare qualche imposta, la riposta è sì ma solo in determinati casa. Vediamo di seguito quali.
Quando si decide di vendere una casa si potrebbe dover procedere al pagamento di alcune imposte. La vendita di un immobile comporta infatti il pagamento di alcune tasse, che, in alcuni casi, devono essere corrisposte da chi ha deciso di liquidare la propria abitazione.
Queste tasse sulla vendita della casa dovranno essere versate nel caso in cui si generi plusvalenza, ovvero quando al momento della vendita dell’immobile si ricava una somma più elevata rispetto a quella che si è versata per l’acquisto della casa.
Attenzione però perché non sempre i proprietari di un immobile sono tenuti a versare le imposte sulla vendita della casa, dal momento che esistono casi specifici in cui la plusvalenza non deve essere tassata.
Di seguito vediamo le tasse che si pagano sulla vendita di una casa, così da avere un quadro chiari di quali siano le imposte e le spese che deve sostenere chi decide di vendere un immobile di sua proprietà. Inoltre faremo chiarezza anche su quali sono le disposizioni per chi vende la prima casa, chi la seconda e chi invece decide di liquidare un immobile ereditato, dal momento che per ciascun caso vi sono delle differenti tassazioni.
Quali tasse si pagano sulla vendita della casa?
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Quando la vendita dell’immobile è soggetta a tassazione?
Iniziamo rispondendo alla domanda che tutti coloro che vendono un immobile si pongono: quando la vendita di una casa viene casa tassata? Come abbiamo accennato la tassazione si attua nel momento in cui si sviluppa una plusvalenza, ossia quando l’immobile che si è acquistato viene poi rivenduto ad un prezzo maggiore nei cinque anni successivi all’acquisto.
Quindi se avete acquistato un immobile da meno di cinque anni e decidete di venderlo e dalla vendita percepite una somma di denaro più elevata rispetto al prezzo che avete pagato per acquistare la casa, quel guadagno dovrà essere tassato.
Per comprendere meglio la situazione facciamo un esempio pratico: avete acquistato una casa dal valore di 250.000 euro e dopo un anno decidete di rivenderla ad un prezzo di 350.000 euro, quei 100.000 euro di maggiorazione dovranno essere essere tassati.
La tassazione della plusvalenza riguarda:
- tutti gli immobili venduti che sono stati acquistati da meno di cinque anni;
- gli immobili che non sono pervenuti al venditore in seguito a successione;
- gli immobili che non sono stati adibiti a residenza del venditore o di un suo familiare nel tempo intercorso tra l’acquisto e la vendita che ha realizzato la plusvalenza.
In tutti gli altri casi invece non è previsto alcun tipo di tassazione e la vendita dell’immobile può avvenire senza obblighi verso lo Stato. Ma per avere ben chiara la situazione approfondiremo il tema di seguito.
In quali casi non viene tassata la plusvalenza?
Gli immobili che non generano plusvalenza e per i quali non si applicano imposte in caso di vendita sono i seguenti:
- immobili che vengono venduti dopo 5 anni dall’acquisto;
- le unità immobiliari urbane che, per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto (o la costruzione) e la cessione, sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari;
- immobili pervenuti per successione;
- immobili ricevuti in donazione, se, con riferimento alla persona che ha donato l’immobile, sono trascorsi 5 anni dall’acquisto o costruzione dello stesso.
Prima di vendere una casa è bene dunque calcolare gli anni effettivi che sono trascorsi dall’acquisto dell’immobile per capire, in caso di vendita che genera plusvalenza, a quanto ammonta l’imposta dovuta e quale tassazione conviene utilizzare.
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Tasse sulla vendita di una casa: la tassazione ordinaria
Esistono due tipi di tassazione della plusvalenza: quella ordinaria e quella separata
La tassazione ordinaria prevede che la plusvalenza che si realizza con la vendita di un immobile vada a confluire nel reddito complessivo e sia quindi cumulata con gli altri redditi imponibili ai fini Irpef.
In questo caso il calcolo delle imposte dovute sulla plusvalenza e sul totale dei redditi imponibili dovrà essere effettuato applicando allo scaglione di reddito l’aliquota di riferimento. Gli scaglioni Irpef e le aliquote previste per 2021 sono i seguenti:
Scaglioni Irpef | Reddito | Aliquote Irpef |
---|---|---|
1° scaglione | 0 - 15.000 euro | 23% |
2° scaglione | 15.001 euro - 28.000 euro | 27% |
3° scaglione | 28.001 euro - 55.000 euro | 38% |
4° scaglione | 55.001 euro - 75.000 euro | 41% |
5° scaglione | oltre 75.000 euro | 43% |
La plusvalenza, quindi, per poter essere tassata in via ordinaria, dovrà essere riportata nella dichiarazione dei redditi.
Imposte sulla vendita di una casa: la tassazione separata
Il contribuente può anche decidere di non utilizzare la tassazione ordinaria, ma di avvalersi di quella separata.
La tassazione separata prevede che alla plusvalenza generata al momento della vendita dell’immobile venga applicata un’imposta sostitutiva del 20%.
È necessario però che il contribuente al momento della cessione ne faccia espressa richiesta al notaio. Sarà poi il notaio stesso a provvedere al versamento dell’imposta ricevendo il pagamento dallo stesso venditore. In seguito comunicherà i dati della vendita all’Agenzia delle Entrate.
Questa modalità di tassazione è senz’altro più conveniente rispetto a quella ordinaria poiché permette al contribuente di applicare l’aliquota “secca” del 20%.
Al contrario, come abbiamo precedentemente visto, l’aliquota minima per la tassazione ad Irpef della plusvalenza è del 23%, per questo motivo sarà più vantaggioso per il contribuente applicare la tassazione separata sulla plusvalenza rispetto a quella ordinaria.
Non solo: il contribuente servendosi della tassazione separata sarà inoltre esonerato per legge dai controlli fiscali straordinari e dagli accertamenti induttivi.
Spese del notaio: chi deve pagarle?
Altro punto che spesso crea dubbi sui costi della vendita di un immobile è quello che riguarda le spese del notaio. In base all’art. 1475 c.c. le spese di questo professionista nella vendita di un immobile sono a carico del compratore e non del venditore. La norma citata si riferisce ai costi per la stipula dell’atto pubblico e alla copiatura nei registri immobiliari, atti che vengono svolti dal notaio in sede di vendita dell’immobile.
L’onere spetterà quindi all’acquirente, a meno che non vi siano accordi differenti tra le parti.
È possibile infatti inserire una deroga scritta nel contratto di vendita in cui si stabilisca una divisione delle spese tra acquirente e venditore, oppure una clausola che preveda l’onere solamente per il venditore. Ovviamente si tratta di decisioni che saranno prese in pieno accordo tra le due parti.
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