Prima guerra mondiale: cosa resta dell’Italia dopo il 4 novembre 1918?

Simone Micocci

26 Marzo 2019 - 10:40

condividi

La Prima Guerra Mondiale è tra gli argomenti della simulazione della prova di Italiano della Maturità 2019; ci si interroga su quali sono le conseguenze geopolitiche per il nostro Paese.

Prima guerra mondiale: cosa resta dell’Italia dopo il 4 novembre 1918?

Una delle date più significative della Prima Guerra Mondiale è senza dubbio il 4 novembre 1918, giorno che segna la fine del primo conflitto mondiale. Sono le ore 15:00 quando le operazioni di guerra cessarono definitivamente, con Armando Diaz che emanò un bollettino dichiarando la vittoria su “uno dei più potenti eserciti del mondo”.

Prima dell’entrata in vigore dell’armistizio, però, l’esercito italiano provò a riconquistare la maggior parte dei territori andati persi durante la Prima Guerra Mondiale: riuscì a recuperare Tolmezzo e Chiusaforte sulle Alpi Carniche e Giulie, così come Cividale, Buttrio, Manzano e Cormons. Più a Sud, precisamente vicino alle foci dell’Isonzo, riuscì anche a fare il suo ingresso nelle città fortificate di Palmanova, Mortegliano, Cervignano e Grado, mentre non riuscì a raggiungere le località situata sulla sinistra dell’Isonzo vista l’impossibilità di continuare l’avanzata per l’entrata in vigore dell’armistizio.

A questo si aggiunge poi che con la conferenza di pace di Parigi all’Italia non vennero assegnati tanti dei territori promessi alla vigilia del conflitto.

È per questo che per la Prima Guerra Mondiale in Italia si parla di “vittoria mutilata” una frase d’autore coniata da Gabriele D’Annunzio per descrivere la situazione deficitaria dei compensi territoriali che il nostro Paese ottenne dopo il suo contributo alla vittoria dell’Intesa sugli Imperi Centrali. Un tema, quello della vittoria mutilata, che nel dopoguerra fu una delle basi ideologiche che portarono alla nascita e alla diffusione del Fascismo.

Italia, dopo il 4 novembre 1918 c’è malcontento popolare

Nel 1915 con il Patto di Londra all’Italia - in caso di vittoria - venne promesso il Trentino, il Tirolo (fino al passo del Brennero), il Venezia Giulia con l’esclusione di Fiume, la Dalmazia, il porto di Valona in Albania e l’isolotto di Saseno di fronte alle coste albanesi.

L’Italia, però, una volta concluso il conflitto dovette rinunciare a tutta la Dalmazia settentrionale, visto il “principio di nazionalità” poi invocato nei “Quattordici punti” di Wilson, perdendo comunque la città di Fiume. A questa situazione si aggiunge anche la negazione dei compensi coloniali in Africa e la risistemazione dell’Adriatico meridionale ai danni del nostro Paese, con l’assegnazione - puramente arbitrario - del territorio del Montenegro al nuovo Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni.

Il malcontento per il risultato ottenuto nella Prima Guerra Mondiale, dove almeno figurativamente l’Italia figura tra i vincitori, ha quindi creato anche un profondo malcontento tra la popolazione dove lo slogan “vittoria mutilata” si diffuse velocemente diventando uno dei principali temi di propaganda e di rivendicazione del fascismo. Mussolini, infatti, si servì proprio del risultato deludente per accusare i governi postbellici per aver indebolito il Paese, sfruttando così il malcontento popolare per dar vita al suo regime totalitario che prese rapidamente piede tra la popolazione.

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO