Il petrolio ha perso il 30% nel 2015 e anche il nuovo anno non dovrebbe regalare soddisfazioni. I prezzi dovrebbero restare ancora sotto pressione, con possibili ulteriori approfondimenti ribassisti nel medio periodo
Il 2015 ha confermato il solido trend ribassista delle quotazioni del petrolio sui mercati internazionali, dopo che anche dodici mesi prima era avvenuto un pesante calo del 45%. L’anno appena terminato, se si considera il greggio americano Light Crude Oil estratto in Texas, ha visto i prezzi diminuire del 30% con una discesa fino in area 35$, ai minimi dai tempi dell’ultima crisi finanziaria globale. E’ andata molto male anche al petrolio Brent, che si è inabissato fino ai livelli più bassi dal 2004. Il nuovo anno non dovrebbe far registrare grosse sorprese positive, in virtù del fatto che i fondamentali macroeconomici restano piuttosto deboli.
In pratica in giro per il mondo c’è petrolio in abbondanza: l’offerta è su livelli record e le scorte di greggio hanno raggiunto livelli mai visti a 3 miliardi di barili. Da novembre 2014 l’OPEC ha annunciato di non voler fissare alcun tetto alla produzione, né tanto meno tagliarla per sostenere i prezzi in caduta. La decisione è stata recentemente confermata nell’ultimo meeting, svoltosi a Vienna a dicembre scorso. Il motivo? Ha prevalso la posizione dell’Arabia Saudita, che ha intenzione di mettere fuori causa i grandi produttori americani di shale oil: un’industria estrattiva che richiede costi molto elevati, sostenibili solo con prezzi del petrolio intorno ai 55$-60$ al barile.
Inoltre Riyad, sebbene in difficltà con prezzi intorno ai 35$-40$ al barile, ha intenzione di affondare i concorrenti storici nel settore come l’Iran e la Russia. Insomma è in atto una vera e propria “guerra” per conservare le quote di mercato e mettere al tappeto new entry come i produttori statunitensi dello shale oil. I prezzi, che nell’estate del 2014 erano sopra i 100$ al barile, dovrebbero continuare a riserntire dell’eccezionale surplus di offerta. Goldman Sachs si aspetta una quotazione di 38$ per il Wti entro febbraio, con possibile crollo fino a 20$ nel medio periodo. Société Générale, invece, non esclude una ripresa (fino a 56$ entro fine 2016) e lo stesso stima l’EIA (prezzi intorno a 52$ al barile).
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