Petrolio: prezzi singhiozzanti. Vendere o comprare?

Federica Agostini

20 Settembre 2012 - 09:28

Petrolio: prezzi singhiozzanti. Vendere o comprare?

Questa settimana si è registrata la caduta più forte sul mercato del petrolio da due mesi a questa parte, segno evidente che gli investitori rimangono scettici riguardo all’efficienza degli stimoli economici introdotti dalle banche centrali per riportare l’economia alla fase di crescita.

Sul mercato del petrolio, l’effetto positivo derivato dal quantitative easing 3 è durato assai poco e, a dirla tutta, sono in molti a credere che l’andamento del "oil market" possa essere considerato come un indicatore per il futuro delle attività economiche.

Il prezzo del petrolio ha raggiunto il massimo di quattro mesi lo scorso venerdì, per poi ricominciare a scendere a partire da lunedì; il sospetto è che la scorsa settimana il petrolio sia stato "iper-comprato" creando una rapida ascesa dei prezzi che adesso subiscono le correzioni del mercato, proprio perché gli investitori riconsiderano i meriti degli interventi delle banche centrali.

Il singhiozzo dei prezzi: su o giù?

Secondo Tom James, Direttore e fondatore di Navitas Resources, gli indicatori tecnici segnalavano le condizioni di iper-comprato la scorsa settimana e ha aggiunto: "l’innalzamento del petrolio, sulla caduta del dollaro provocata dall’annuncio della Fed è un segnale: il petrolio sta resistendo. Così, sul medio e lungo termine il trend del petrolio è ancora intatto e comprare adesso per attendere la risalita dei prezzi potrebbe essere una strategia".

Sean Brodrick, analista alla Weiss Research Natural Resources, aveva correttamente previsto il pullback di venerdì sul test dell’area 92$ al barile e sostiene, invece, che la corsa a ribasso possa non essere finita: "questo mercato è in delirio per l’iniezione di denaro che la Fed sta pompando direttamente nelle vene di Wall Street, per questo potremmo assistere ad un pullback almeno fino alla linea degli 89$".

La banca centrale del petrolio

Il salto post-QE dei prezzi del petrolio sembra aver spronato l’Arabia Saudita, di fatto la "banca centrale del petrolio", ad abbassare i prezzi. Secondo quanto riportato da Reuters lo scorso martedì, l’Arabia sta lavorando per produrre 10 milioni di barili al giorno; gli esportatori dell’OPEC sono preoccupati riguardo ai prezzi raggiunti dal petrolio e si muoveranno per moderarli.

Sta di fatto che i mercati del petrolio segnalano una evidente mancanza di fiducia nei confronti degli stimoli sul breve termine recentemente introdotti dalle banche centrali. I "singhiozzi" dei grafici suggeriscono che i "dollari a poco prezzo", sul lungo termine, segnano soprattutto il rialzo delle energie.

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