22 senatori del Partito Democratico presenteranno domani al Senato la propria proposta di riforma. Ecco chi sono e cosa prevede il testo. La spaccatura interna al partito diventa sempre più evidente
Che il Partito Democratico in questo momento stia affrontando un momento difficile è ormai cosa nota, anche se i vertici continuano a smentire e ad assicurare un totale appoggio al Presidente del Consiglio, nonché Segretario del PD, Matteo Renzi.
Ma la divisione interna al partito è nuovamente venuta in luce oggi, quando 22 senatori hanno annunciato che domani arriverà a Palazzo Madama una proposta alternativa di riforma del Senato.
Senatori dissidenti: i nomi
Sono in tutto 22 i senatori del PD che domani presenteranno in aula il loro DDL sulla riforma del Senato. Rappresentanti per lo più dell’ala civatiana che negli ultimi mesi non ha mai nascosto il proprio malumore nei confronti delle decisioni del Premier Matteo Renzi.
Ecco chi sono:
- Albano,
- Amati,
- Broglia,
- Buemi,
- Capacchione,
- Casson,
- Chiti,
- Corsini,
- Cucca,
- D’Adda,
- Dirindin,
- Gatti,
- Giacobbe,
- Lo Giudice,
- Micheloni,
- Mineo,
- Mucchetti,
- Ricchiuti,
- Silvestro,
- Spilabotte,
- Tocci,
- Turano.
La proposta
Il DDL che arriverà domani a Palazzo Madama ha lo stesso scopo di quello approvato ieri dal Consiglio dei Ministri: superare il bicameralismo perfetto.
Il testo non toglie però parte dei poteri della Camera alta, bensì mira a ridurre sensibilmente i costi di entrambi i rami del Parlamento.
Per ottenere questi tagli alla spesa, i 22 senatori propongono di dimezzare i componenti della Camera e ridurre parallelamente di 1/3 il numero dei rappresentanti del Senato.
Ognuna delle due Camere avrà poi funzioni e competenze specifiche, separate da quelle in mano all’altro ramo, in modo da evitare qualsiasi tipo di sovrapposizioni tra l’una e l’altra.
Il documento prevede inoltre di mantenere l’elezione diretta dei Senatori, la cui abolizione rappresenta invece uno dei capisaldi della proposta di Renzi.
Rimane invece una delle altre norme base previste dal DDL approvato dal CDM: il Senato non potrà votare la fiducia al Governo.
Le uniche materie su cui Camera e Senato dovranno e potranno legiferare insieme saranno: riforme costituzionali, riforme elettorali, Europa e tutela delle minoranze linguistiche.
La differenza tra questa proposta e quella presentata dal Presidente del Consiglio sta dunque nella Camera: mentre la seconda infatti si concentra sul Senato,
modificandone numero, poteri e funzioni, la prima mira a riformare entrambi i rami del Parlamento Italiano.
Ciò che colpisce, in ogni caso, è che questo testo venga formulato da membri appartenenti allo stesso partito del Premier che, anziché appoggiarlo, hanno deciso di trovare un’altra soluzione.
Se il PD vuole continuare a dire che il partito è unito e solidale, faccia pure, ma la realtà dimostra qualcosa di totalmente diverso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA