Nei primi sei mesi dell’anno l’oro ha evidenziato un solido trend discendente dei prezzi, che ha subito una decisa accelerazione intorno alla metà di aprile. Lo scorso 28 giugno la quotazione del metallo prezioso raggiungeva il minimo più basso da metà 2010 a 1.180 dollari, configurando uno scenario potenzialmente negativo anche per i mesi successivi. Poi c’è stata una ripresa importante, con i prezzi tornati in questi giorni sopra 1.400 dollari. In precedenza uno dei fattori-chiave che ha favorito il crollo dell’oro è stato l’eccessivo deflusso di capitali dagli Etf che investono in oro fisico.
Ora, un report sulle commodity del gruppo bancario australiano Macquarie evidenzia che l’oro in uscita dagli Etf è finito in Svizzera. Nel rapporto si legge che, a fronte delle 92 tonnellate esportate dal Regno Unito alla Svizzera nel corso del 2012, nel maggio dello scorso anno il dato si è attestato a 240 tonnellate portando il dato relativo ai primi sei mesi a 797 tonnellate, ovvero l’equivalente del 30% della produzione mineraria annua.
Considerando che la Gran Bretagna non possiede miniere d’oro e che il metallo prezioso degli Etf viene custodito all’interno dei forzieri delle banche di investimento della City londinese, l’oro giunto in Svizzera dal Regno Unito è quello direttamente fuoriuscito dai fondi Etf. Da inizio 2013 l’oro detenuto dagli Etf è diminuito di 684,6 tonnellate, corrispondenti a un controvalore di circa 50 miliardi di dollari.
Secondo gli esperti di Macquarie, la Svizzera ha la migliore capacità di raffinazione a livello globale. Nel paese elvetico l’oro viene rapidamente fuso in lingotti più piccoli e monete. Alla fine viene venduto ai consumatori finali, solitamente asiatici, in particolare indiani e cinesi. Stamattina l’oro mostra una quotazione pari a 1.402 dollari, ma sui mercati asiatici ha aggiornato nuovi massimi da oltre due mesi a 1.407 dollari l’oncia.
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