No a calciatori tatuati e associazioni religiose: come la Cina difende l’integrità morale del partito

Chiara Esposito

2 Gennaio 2022 - 09:53

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L’irrigidimento delle norme anti-occidentali preoccupa gli osservatori internazionali. La Cina è implacabile e mette al bando diverse pratiche sociali.

No a calciatori tatuati e associazioni religiose: come la Cina difende l’integrità morale del partito

Il piano di difesa dei valori comunisti di Xi Jinping è già in atto. Le dichiarazioni fatte dal presidente durante il suo consueto discorso di fine anno trovano concretezza in alcuni divieti imposti già a partire dagli scorsi giorni: si mettono ora al bando tatuaggi per i calciatori della nazionale e forme di aggregazione religiosa difformi dalla cultura cinese.

L’obiettivo è dichiarato: annientare la minaccia occidentale che imperversa e proseguire strenuamente lungo il piano di grande espansione e rinnovamento dello stato. La volontà del governo centrale è quella di imporsi come potenza egemone nel mondo, non a caso il presidente parla di «ottenere ciò che è grande e importante occupandoci allo stesso tempo di ciò che è piccolo e fragile».

Il rafforzamento passa prima di tutto dall’annientamento di tutte le minacce per l’integrità morale del partito.

Un precedente in Corea del Nord

La Corea del Nord, a giugno del 2021, aveva dato spettacolo per le sue dure leggi anti-occidentali che ad oggi ricordano molto l’iniziativa cinese.

All’epoca l’intenzione governativa era quella di eliminare qualsiasi tipo di influenza straniera punendo severamente chiunque venisse sorpreso con film o vestiti di origine straniera, un esempio famoso furono i jeans.

Tutti i cittadini sorpresi in possesso di video o capi esteri, in special modo se provenienti da Corea del Sud, Stati Uniti o Giappone, avrebbero rischiato la pena di morte.

Fece il giro del mondo anche una delle prime notizie legate all’attuazione di questa legge promulgata dal leader nordcoreano Kim Jong Un: tre adolescenti mandati in un campo di rieducazione per essersi tagliati i capelli come gli idoli del K-pop e aver indossato dei pantaloni sopra le caviglie.

I tatuaggi e lo stigma sociale

Giovedì 31 dicembre il governo cinese ha ufficialmente vietato ai calciatori della nazionale di farsi tatuaggi o di esporre quelli che già hanno ordinando loro di rimuoverli o, in casi eccezionali, di coprirli durante l’allenamento e le partite.

In quest’ultimo caso si fa riferimento alla necessità di avere il «consenso della squadra» ovvero l’autorizzazione a non bandire un compagno o una compagna ma a concedere piuttosto la copertura dell’area interessata.

Tale divieto è stato comunicato dall’Amministrazione generale dello sport in Cina e riguarderà da vicino sia la nazionale maggiore maschile che quella femminile e si estenderà anche alle nazionali Under 23.

La richiesta delle autorità è quella di «dare il buon esempio alla società» e questo provvedimento affonda le radici in uno stigma sociale ben radicato che già nel 2018 aveva portato al divieto di esporle qualsiasi forma di tatuaggio in televisione.

La moda ricorderebbe troppo l’attitudine occidentale alla vanità ma in Cina i tatuaggi sono da sempre legati, tra le altre cose, alla storia della criminalità organizzata, alle prostitute e ai disertori.

A ciò si affianca quindi il forte ideale di «educazione ideologica e politica» per «rafforzare» lo spirito «patriottico». In vista della possibile partecipazione a Qatar 2022 infatti i giocatori sono chiamati a rendere conto del «senso della missione, della responsabilità e dell’onore» davanti agli occhi del mondo, un palcoscenico politico importante per sottolineare velatamente l’aggressività del governo verso la minaccia occidentale.

Associazioni religiose solo se di matrice nazionale

Non c’è mai stato un tempo in cui confessioni di origine straniera abbiano avuto fortuna nel paese, ma Xi Jinping stringe le maglie ancor di più prendendo di mira l’informazione religiosa.

In linea con un suo recente discorso sulla necessità di adattare la fede al «contesto cinese», sono state emanate infatti delle nuove misure che entreranno in vigore dal 1° marzo e saranno capaci a tutti gli effetti di rendere illegale la gestione di servizi di informazione religiosa online sul web cinese da parte di organizzazioni o cittadini stranieri.

All’atto pratico gli utenti dovranno invece registrarsi utilizzando i loro nomi reali in modo tale da essere identificabili.

In questo contesto è stato dichiarato quindi che saranno vietati i contenuti religiosi online che incitano al sovvertimento del potere statale o violano il principio di indipendenza e di autogestione nelle imprese religiose ma sopratutto tutti i contenuti che inducono i minori a credere in una determinata religione. Allontanare i futuri membri del Partito dalle pratiche sociali considerate consone dalle autorità è un atto deplorevole. La credenza (o la fede che dir si voglia) più importante deve restare quella legata al Partito comunista.

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