MPS: Antonio Rizzo aveva denunciato la banda del 5%, ma i suoi superiori volevano licenziarlo.

Vittoria Patanè

23 Maggio 2013 - 18:55

MPS: Antonio Rizzo aveva denunciato la banda del 5%, ma i suoi superiori volevano licenziarlo.

Antonio Rizzo. Questo nome sicuramente non vi sarà nuovo. È stato autore di numerosi articoli di finanza ed è attualmente un blogger de “Il Fatto Quotidiano”, ma soprattutto è stato lui, nel lontano 2008 a parlare ai militari del Nucleo di polizia Tributaria di Milano della cosiddetta “banda del 5%”.

Era il 13 ottobre di 5 anni fa e Rizzo lavorava ancora per la Dresdner Bank, importante controparte dell’ex gestione di MPS. Durante una cena con Michele Cortese, dirigente dello stesso istituto, venne a conoscenza di quello che diventerà il più grande scandalo finanziario del nostro Paese:

"Con Baldassarri c’era uno che gli faceva il lavoro sporco, si chiamava Cantarini. Dentro Mps li chiamavano la banda del 5%. Pigliano stecche da anni, è risaputo".

Già da tempo circolavano indiscrezioni su questa conversazione e Rizzo era diventato uno dei supertestimoni dell’inchiesta. Ma ciò che in pochi sospettavano è che esiste anche un video, dal quale gli investigatori sono partiti e che è stato depositato in procura poche settimane fa.

Un filmato di 1.40 secondi che l’allora impiegato di Dresdner ha registrato con una penna-telecamera e che da due anni a questa parte costituisce la base su cui i magistrati senesi hanno impostato la loro indagine sugli illeciti compiuti dagli ex vertici di Monte dei Paschi.

Il filmato

All’interno del filmato, che risalirebbe al 13 dicembre 2007, si fanno nomi importanti: Gianluca Baldassarri, ex responsabile della direzione Finanza della banca senese e ormai in carcere da 3 mesi, sarebbe stato a capo della “banda del 5%, ma con lui collaboravano altri due personaggi chiave: Matteo Pontone e Alberto Cantarini, anche loro iscritti nel registro degli indagati.

I due finanzieri protagonisti del video in questione, diramato oggi da “La Repubblica”, sono Michele Cortese e lo stesso Antonio Rizzo. Entrambi all’epoca lavoravo per la Dresdner, che partecipò all’affare sul derivato tossico Alexandria, per intenderci, quello che ha fatto scoppiare lo scandalo a causa delle ingenti perdite che ha portato alla banca.

L’indagine

Secondo quanto testimoniato da Rizzo agli inquirenti, nel 2007 alcuni colleghi della banca tedesca gli chiesero di caricare su un affare con MPS, commissioni riguardanti operazioni anomale tra la sua stessa filiale e l’istituto senese. A questo punto, decise di registrare tutto.

Durante una di queste conversazioni, Michele Cortese afferma:

“Baldassarri e Pontone avevano percepito una commissione indebita dell’operazione per il tramite di Lutifin".

Egli stesso spiegherà poi ai magistrati che il soprannome “banda del 5%” deriverebbe dal fatto che i due prendevano una percentuale (nel video la chiama “stecche”) su ogni transazione.

Il licenziamento

Nel 2008 Rizzo decise di denunciare tutto ai dirigenti della Dresdner ottenendo come risultato una serie di procedimenti contro di lui. Un’anno dopo decise di lasciare la banca e di andare a lavorare per la Bcc di Carate Brianza.

Alcuni mesi dopo, all’interno di un’indagine relativa proprio al caso Lutifin, i magistrati milanesi convocarono Rizzo e lui confermò tutto.

Tra gli atti dell’inchiesta troviamo anche alcune conversazioni fra vari dirigenti di Dresdner nelle quali si esplica la loro volontà di far fuori Rizzo.

"Trifirò ritiene inaccettabile che un datore di lavoro permetta a un dipendente di registrare conversazionii secondo lui dovremmo immediatamente licenziarlo per giusta causa, e anzi l’avergli mandato una lettera così dura senza conseguenze potrebbe far pensare che abbiamo qualcosa da nascondere, o che la banca vuole comprare il suo silenzio".

Questo è quanto si legge in una mail. Licenziato perché non voleva essere coinvolto. Questo si che si chiama “giustificato motivo”.

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