Linkiesta ha bisogno di un finanziamento da 1,1 milioni di euro entro un mese o fallirà. L’editoria italiana online è un modello sostenibile? Cosa ci aspetta in futuro?
E’ cronaca recente l’articolo di Marco Alfieri, direttore de "Linkiesta", giornale online ad azionariato diffuso, che necessita di un aumento di capitale da 1,1 milioni di € entro un mese per non arrivare a dover dichiarare bancarotta e chiudere il progetto.
Linkiesta ha appena 3 anni di vita e non ha mai prodotto utili, in compenso può contare su oltre 80 azionisti tra cui sono annoverati personaggi di rilievo della vita pubblica ed economica italiana per i quali evidentemente perdere soldi nell’ordine di qualche decina di migliaia di euro all’anno non è un problema, almeno fino ad ora.
La storia recente di Linkiesta rientra in un panorama più ampio che vede la maggior parte dei progetti editoriali online italiani in perdita sistematica: un interessante articolo recente del quotidiano economico Italia Oggi ha fatto i conti in tasca anche a Il Post, Lettera 43, L’Huffington Post Italia e il Blitz quotidiano. Tutti progetti che danno lavoro più o meno retribuito a un certo numero di persone oltre a informazione gratuita a milioni di italiani al costo di buchi di bilancio di centinaia di migliaia di Euro all’anno.
Fanno riflettere anche i dati relativi ai fatturati (perlopiù vincolati agli incassi pubblicitari) di queste testate online: si parla di ricavi che vanno dai 180.000€ ai 900.000€, cifre esigue e del tutto inadeguate rispetto a quello che dovrebbe essere l’obiettivo della creazione di un’informazione online libera e professionale.
La mia valutazione è quindi la seguente: nel mondo dell’editoria online italiana i grandi assenti sono gli inserzionisti pubblicitari e non è solo un problema di crisi generale e di mancanza di investimenti, gli investimenti sull’ADV online in Italia sono strutturalmente bassi ed è da questo punto che bisogna iniziare a ragionare sul futuro dell’editoria in Italia online, sempre che l’obiettivo comune sia davvero quello di avere un’informazione libera, gratuita e di qualità.
Se invece l’obiettivo è già stato raggiunto e l’idea di fondo è quella che i progetti editoriali in difficoltà sono per forza di cose meno rigidi sulla linea editoriale e quindi maggiormente manipolabili non c’è che dire: l’Italia ha trovato un altro settore di eccellenza e leadership indiscussa.
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