Libero professionista e autonomo: qual è la differenza? Facciamo chiarezza

Teresa Maddonni

19/03/2020

16/07/2020 - 13:03

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Libero professionista e autonomo: esiste una differenza? Facciamo chiarezza dal momento che un po’ di confusione si è creata con il decreto Cura Italia.

Libero professionista e autonomo: qual è la differenza? Facciamo chiarezza

Libero professionista e autonomo: qual è la differenza? Occorre fare chiarezza dal momento che pur non essendoci apparentemente una distinzione in quanto un libero professionista è un lavoratore autonomo dotato di una partita Iva o viceversa.

Potrebbero dunque risultare sinonimi, sebbene vi siano delle circostanze in cui è bene distinguere i due elementi.

Un caso è quello del decreto Cura Italia per l’emergenza coronavirus in cui, in merito agli aiuti destinati alle partite Iva come il bonus da 600 euro, l’utilizzo della definizione di libero professionista o autonomo ha potuto destare qualche dubbio e incertezza.

Chiariamo qui di seguito, facendo riferimento al decreto entrato in vigore il 17 marzo, qual è la differenza che può esserci tra un libero professionista e un lavoratore autonomo.

Libero professionista e autonomo: differenze

Prima di chiarire qual è la differenza tra libero professionista e autonomo in rapporto al decreto Cura Italia che ha potuto destare un po’ di confusione e conclusioni affrettate, procediamo con qualche definizione.

Di fatti il libero professionista è, come leggiamo su Treccani:

“chi esercita una professione intellettuale o liberale (avvocato, ingegnere, medico, ecc.) come attività economica primaria.”

Il libero professionista così inteso, come anche l’architetto, il giornalista o il commercialista, è iscritto a un ordine o albo di riferimento. Questa categoria di lavoratori sono dotati di partita Iva e iscritti anche a una cassa previdenziale specifica. Dal punto di vista prettamente concettuale può esistere una differenza con il lavoratore autonomo dotato di partita Iva e che per esempio è anche il commerciante o l’artigiano.

La differenza è quindi, ribadiamo, di tipo concettuale: il libero professionista è il lavoratore autonomo che svolge un’attività intellettuale, mentre l’autonomo con partita Iva un’attività manuale.

Un architetto e un commerciante sono entrambi titolari di partita Iva ed entrambi non subordinati, quindi autonomi. Diciamo che ulteriore confusione si può generare dal momento che molte delle professioni ordinistiche possono anche essere esercitate da lavoratori dipendenti e non necessariamente quindi con una partita Iva.

Ulteriore incertezza nasce anche dal fatto che per l’Agenzia delle Entrate, per esempio, i professionisti sono “i contribuenti con reddito di lavoro autonomo”.

Ovviamente la distinzione che abbiamo fatto è davvero molto sottile, ma se la contestualizziamo al decreto Cura Italia capiamo quale può essere la differenza a qualcuno forse sfuggita.

Libero professionista e autonomo nel decreto Cura Italia

Nel decreto Cura Italia contro il coronavirus la confusione si è creata tra liberi professionisti e autonomi titolari di partita Iva e in merito alle misure pensate dal governo per queste categorie di lavoratori.

All’articolo 27 del decreto in merito all’“indennità professionisti e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa” si legge che

“Ai liberi professionisti titolari di partita Iva attiva alla data del 23 febbraio 2020 e ai lavoratori titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa attivi alla medesima data, iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, è riconosciuta un’indennità per il mese di marzo pari a 600 euro.”

Vi è poi un altro articolo il 44 istituzione del “Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus COVID-19”:

“Al fine di garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi che in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro è istituito, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un Fondo denominato “Fondo per il reddito di ultima istanza” volto a garantire il riconoscimento ai medesimi soggetti di cui al presente comma, di una indennità, nel limite di spesa 300 milioni di euro per l’anno 2020.”

E ancora:

“ la eventuale quota del limite di spesa di cui al comma 1 da destinare, in via eccezionale, in considerazione della situazione di emergenza epidemiologica, al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103.”

Nei due articoli, 27 e 44, il legislatore crea un po’ di confusione e di conseguenza anche nel lettore. Nel primo caso (per i 600 euro) si parla dei liberi professionisti titolari di partita Iva iscritti alla gestione separata INPS, ma anche gli autonomi cui ci si riferisce nell’articolo 44 (reddito di ultima istanza) possono essere iscritti alla gestione separata INPS quindi titolari di partita Iva.

Poi si parla, sempre nell’articolo 44, di professionisti nuovamente e questi sono, in via del tutto marginale, quelli iscritti agli ordini professionali e quindi alle relative casse di previdenza.

Quindi nel primo caso si parla di liberi professionisti non ordinistici e per i quali non è prevista una cassa di previdenza specifica a cui vanno 600 euro, mentre nel secondo caso di liberi professionisti iscritti a un ordine (avvocati, architetti, commercialisti) i quali accedono in via residuale eventualmente al reddito di ultima istanza.

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