Legge Pinto: come funziona e come presentare ricorso

Stefania Manservigi

13/06/2017

14/06/2017 - 09:22

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Tutto quello che c’è da sapere sulla Legge Pinto: cos’è, come funziona e come presentare ricorso per ottenere l’equa riparazione.

Legge Pinto: come funziona e come presentare ricorso

La Legge Pinto prevede un rimedio per tutti coloro che subiscono un processo di durata irragionevole, consentendo di chiedere un’equa riparazione per il danno patrimoniale e non patrimoniale subito a causa della lunghezza eccessiva del procedimento.

La durata eccessiva dei processi è infatti uno dei problemi della giustizia italiana, che rischia di causare danni ai cittadini che si rivolgono alla stessa: a tal proposito è stata prevista la Legge Pinto, per tutelare tutti coloro che abbiano subito un danno a causa delle lungaggini della giustizia italiana.

Come si presenta ricorso? Quando è possibile ottenere risarcimento? Di seguito vediamo come funziona la Legge Pinto.

Legge Pinto termini: quando è possibile chiedere l’equa riparazione?

Per poter usufruire dello strumento processuale previsto dalla Legge Pinto, che consente di ottenere un’equa riparazione per i danni subiti a causa dell’eccessiva durata di un processo, occorre innanzitutto stabilire quando si può ritenere un processo di durata ragionevole.

Per potere avere un quadro preciso della situazione occorre considerare i vari gradi di giudizio.

Per il primo grado la durata ragionevole è fissata in tre anni, per il secondo grado in due anni e per il grado di legittimità un anno. Ci sono poi altri termini che valgono per i procedimenti di esecuzione forzata (tre anni) e per le procedure concorsuali (con un limite di sei anni).

Per computare la durata del processo si utilizzano criteri diversi a seconda che si tratti di un procedimento civile o penale; nel caso di un procedimento civile il termine decorre dal deposito del ricorso introduttivo o dalla notifica dell’atto di citazione mentre nel caso di un processo penale la decorrenza si ha da quando l’indagato viene a conoscenza del procedimento penale a suo carico mediante un atto dell’autorità giudiziaria.

Ricorso Legge Pinto: quando è possibile utilizzare questo strumento processuale?

Prima di ricorrere allo strumento processuale messo a disposizione dalla Legge Pinto per chiedere l’equa riparazione dei danni subiti a causa della lunghezza eccessiva di un processo, occorre aver esperito i cosiddetti «rimedi preventivi» a pena di inammissibilità della domanda.

Anche in questo caso i rimedi preventivi previsti dipendono dal tipo di processo contestato e sono i seguenti:

  • per il processo civile: proposizione del giudizio con rito sommario o richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario fatta entro l’udienza di trattazione e, in ogni caso, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i tre anni del primo grado di giudizio. Qualora non sia possibile il rito sommario di cognizione, anche in secondo grado, il rimedio preventivo è rappresentato dalla richiesta di decisione a seguito di trattazione orale ai sensi dell’articolo 281-sexies c.p.c. da presentare sei mesi prima che spiri il termine di ragionevole durata del processo, anche quando la competenza è quella collegiale del Tribunale.
  • per il processo penale: istanza di accelerazione da presentare almeno sei mesi prima della scadenza del termine di durata ragionevole.
  • per il processo amministrativo: istanza di prelievo con la quale segnalare l’urgenza del ricorso.
  • per i processi contabili e pensionistici davanti alla Corte dei Conti e alla Corte di Cassazione: istanza di accelerazione presentata rispettivamente sei mesi o almeno due mesi prima della scadenza del termine di ragionevole durata.

Ricorso Legge Pinto, come presentarlo? Procedura, termini e allegati

Il ricorso alla strumento processuale previsto dalla Legge Pinto deve essere presentato da parte della persona che ha subito il danno che, a sua volta, deve essere assistita da un legale munito di procura speciale.

La domanda si propone con ricorso al presidente della Corte d’appello del distretto in cui ha la sede il giudice innanzi al quale si è svolto il primo grado del processo contestato. Il ricorso previsto dalla Legge Pinto deve essere presentato, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui è divenuta definitiva la decisione che ha concluso il procedimento.

In allegato al ricorso vanno presentati, in copia autentica, l’atto di citazione, il ricorso, le comparse e le memorie relativi al procedimento presupposto, i relativi verbali di causa e provvedimenti del giudice e il provvedimento che ha definito il giudizio, se si tratta di sentenza od ordinanza irrevocabili.

Nei procedimenti ordinari la controparte è il Ministro della Giustizia.
Una volta presentato ricorso il presidente della Corte d’appello, o un magistrato designato a tal fine, prende una decisione a riguardo entro trenta giorni con decreto esecutivo motivato. La controparte potrà presentare opposizione al decreto nel termine di trenta giorni dalla comunicazione o notificazione del relativo provvedimento.

Qualora il ricorso venga respinto non può essere presentato.

Inoltre ricordiamo che la Legge di Stabilità 2016 ha previsto delle modifiche alla Legge Pinto, tra cui la previsione che l’indennizzo non possa essere accordato alla parte che nel processo presupposto è stata condannata per lite temeraria o che risulti comunque consapevole dell’infondatezza originaria o sopravvenuta della sua posizione. Sono state poi introdotte alcune ipotesi di presunzione di insussistenza del danno, che obbligano la parte che intende ottenere l’equo indennizzo a dimostrare il pregiudizio subito.

Legge Pinto, equa riparazione: quanto può essere risarcito?

Sulla base di quanto previsto dalla Legge Pinto il giudice, a titolo di equa riparazione, può prevedere un risarcimento non inferiore a 400 euro e non superiore a 800 euro per ogni anno, o per ogni frazione ultrasemestrale di anno, in cui il processo abbia ecceduto la durata ragionevole.

Sono inoltre previsti casi in cui l’importo può essere aumentato o diminuito: in ogni caso lo il risarcimento non potrà superare il valore della causa o quello del diritto accertato dal giudice se inferiore.

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# Legge

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