Lavorare a Londra: a rischio il diritto dei cittadini UE. L’Europa risponde al ministro May

Silvia Mazzieri

1 Settembre 2015 - 17:10

Lavorare a Londra sarà più difficile? Il ministro britannico May mette a rischio il diritto dei cittadini comunitari di trovare lavoro oltremanica. L’Europa lo difende ma nella riunione UE del 14 settembre se ne saprà di più.

Lavorare a Londra: a rischio il diritto dei cittadini UE. L’Europa risponde al ministro May

La risposta dell’UE al ministro britannico May non si è fatta attendere e verte alla difesa del diritto di circolazione dei cittadini europei che si muovono per cercare lavoro nel Regno Unito, in particolare a Londra.

Il fenomeno dell’immigrazione verso il Regno Unito, inasprito dall’emergenza dei clandestini che vogliono attraversare la Manica, è secondo May intollerabile e il dialogo con l’UE diverrà a breve operativo. Le conseguenze delle decisioni potrebbero riguardare anche migliaia di italiani che partono per cercare lavoro a Londra.

La risposta della Commissione Europea al ministro May
Bruxelles ha risposto alle recenti esternazioni del ministro dell’Interno britannico Theresa May che vorrebbe limitare anche per i cittadini dell’UE il diritto di "libera circolazione". L’obiettivo di May è evitare l’ingresso dei residenti comunitari che entrano in Gran Bretagna senza avere già un lavoro ma secondo Bruxelles la circolazione libera è fondamentale per il mercato unico poiché contribuisce a determinarne il successo.

Per Bruxelles la libera circolazione “non è un diritto incondizionato e già ora non consente il "turismo dei benefit".”

Con questa definizione si fa riferimento a una presunta tendenza dei cittadini comunitari "continentali" ai quali May attribuisce la cattiva abitudine di "sfruttare" il welfare della Gran Bretagna. Quest’ultimo consiste in assegni per i disoccupati, aiuti alle famiglie e assistenza medica gratuita.

I portavoce dell’UE si dichiarano a favore della libera circolazione fra gli Stati comunitari poiché essa

“stimola la crescita economica permettendo alle persone di viaggiare, fare acquisti e lavorare al di là della frontiera e permette alle società di selezionare il personale da un più ampio bacino di talenti.”

Una limitazione di tale diritto all’interno dell’UE sarebbe un passo indietro di oltre mezzo secolo visto che i lavoratori europei ne hanno beneficiato fin dal lontano 1957, anno del Trattato di Roma.

L’UE fa notare che le regole attualmente in vigore contengono “una serie di salvaguardie che permettono agli Stati membri di prevenire gli abusi” e che
come lo stesso ministro May ha dichiarato, maggiori sforzi per combattere gli abusi non mineranno il principio stesso.”

Libera circolazione dei cittadini europei: le reazioni alle parole della May
Il sottosegretario agli Esteri Della Vedova mette in evidenza che limitare l’ingresso dei lavoratori comunitari potrebbe essere dannoso per l’economia del Regno Unito come sostiene anche il direttore della Confindustria britannica John Cridland che ha dichiarato:

“L’evidenza mostra che la vasta maggioranza delle persone che arrivano nel Regno Unito provenienti dall’UE vengono a lavorare e portano beneficio alla nostra economia. Saremmo preoccupati se i lavoratori UE dovessero essere assunti prima di arrivare nel Regno Unito.”

Della Vedova ha aggiunto:

“C’è un rischio più profondo nell’assecondare questi rigurgiti nazionalistici, anche quando vengono da un Paese punto di riferimento della democrazia e dello stato di diritto.”

Lavoro e immigrazione in Gran Bretagna fra clandestini e cittadini europei
Secondo la May gli accordi “Schengen ha alimentato la crisi dei migranti”, riferendosi alla situazione dei rifugiati che a Calais tentano di attraversare la Manica in uno slalom fra pattuglie di guardia, cani e recinzioni.

A differenza dell’Italia, le cui coste conoscono da tempo le ondate di migranti disperati, la Gran Bretagna non ha perso tempo nel correre ai ripari circa le proprie difficoltà ad affrontare il fenomeno dell’immigrazione e al contrario del Belpaese non agisce in modo isolato appellandosi all’UE senza seri riscontri.

E’ già stata fissata una data entro la quale i discorsi sull’immigrazione al centro delle preoccupazioni dei ministri degli Esteri di Gran Bretagna, Germania e Francia diverranno operativi e questa data è il 14 settembre.

A breve l’UE ascolterà le ragioni dei tre Paesi anche se alcuni paletti sembrano già essere stati posti dalla stessa Germania. Il Paese governato dalla Merkel non intende accettare che si metta in discussione il diritto di libera circolazione.
Londra invece sembra decisa a imporre un giro di vite sui benefit socio-economici degli immigrati comunitari.

La May d’altra parte ha contestato il malcostume dei giovani europei di giungere nel suo Paese con un visto ottenuto per motivi di studio ed il cui soggiorno, a causa di controlli non troppo rigidi, si prolunga oltre il previsto in modo "semiclandestino".

Londra e l’immigrazione: quanti italiani vanno a cercare lavoro in Gran Bretagna?

Il fenomeno riguarda da vicino gli italiani che nell’ultimo anno si sono piazzati al secondo posti fra gli immigrati europei in Gran Bretagna. La loro presenza fra il 2014 e il 2015 si attesta su un numero di più di 57mila calcolati prendendo come riferimento coloro che hanno richiesto il National Insurance Number senza il quale nel Regno Unito non si può lavorare.

Al primo posto ci sono ancora i polacchi seppure siano meno rispetto al picco del 2006-2007 quando registrarono oltre 200mila presenze. Al terzo posto ci sono invece gli spagnoli che sono 54mila, il 19% in meno rispetto allo scorso anno.

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