Il ‘‘Decreto semplificazioni fiscali’’, modificando il T.U.I.R., ha notevolmente semplificato la procedura per ottenere l’irrilevanza fiscale per il professionista riguardo alle spese di vitto e alloggio necessarie per la prestazione professionale, sostenute dal committente. La procedura è stata semplificata prevedendo che: – l’emissione di una particolare fattura da parte del prestatore dei servizi di vitto e alloggio nei confronti del committente; – l’integrazione ad opera del professionista prestatore dei dati di tale documento nella fattura relativa alla propria prestazione; – la disponibilità del committente a pagare direttamente le spese di vitto e/o alloggio.
Il professionista che accetta di effettuare una prestazione che gli determina il sostenimento di spese di vitto e alloggio deve prestare particolare attenzione alle modalità con le quali possono essere sostenute dette spese, e ai correlati riflessi fiscali delle stesse.
Le spese di vitto e alloggio possono, alternativamente, essere sostenute direttamente dal professionista e successivamente addebitate al committente in fattura, oppure sostenute direttamente dal committente stesso. La modalità di pagamento di tali spese può, a prima vista, apparire ininfluente per entrambe le parti, in quanto sembrerebbe costituire una mera partita di giro del medesimo importo.
La disciplina attuale
La modalità di pagamento delle spese di vitto ed alloggio risulta, infatti, costituire per il professionista prestatore uno discrimine estremamente rilevante da un punto di vista fiscale, in forza di quanto previsto dall’articolo 54 del TUIR, che disciplina la determinazione del reddito di lavoro autonomo. In particolare possiamo avere due ipotesi:
II professionista sostiene in prima persona le spese di vitto e alloggio, per poi riaddebitarle in fattura al committente - Il maggior importo addebitato al committente a titolo di rimborso spese concorre interamente alla determinazione del reddito professionale. Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75% e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta. Quello che dovrebbe essere solo un mero riaddebito di costi, si rivela per il professionista fiscalmente svantaggioso, in quanto a un maggior compenso interamente imponibile si contrappone una doppia indeducibilità della relativa controparte di costo.
Il committente sostiene le spese di vitto e alloggio - L’operazione può portare a due risultati fiscali completamente difformi.
Nel primo caso, ove l’operazione si sostanzi nel mero pagamento da parte del committente delle prestazioni di vitto e alloggio usufruite dal professionista, queste assumerebbero in capo allo stesso la connotazione di un compenso in natura che deve essere fatto concorrere per la sua interezza alla determinazione del reddito professionale. In tale ipotesi, pertanto, le prestazioni di vitto e alloggio ‘‘trascenderebbero’’ dalla loro normale natura di costo connesso e necessario per lo svolgimento della prestazione professionale a quella di ulteriore corrispettivo della stessa, da sottoporre a tassazione. Inoltre la scelta dell’eventuale committente soggetto passivo di pagare un onere formalmente non necessario in assenza di un apposito giustificativo rilasciato dal professionista che ha effettuato la prestazione, potrebbe generare dubbi in merito all’inerenza del costo e alla sua deducibilità.
Discorso totalmente diverso si deve, invece, fare nell’ipotesi in cui il committente e il prestatore si accordino per applicare la particolare procedura individuata dall’Agenzia delle Entrate (circolare 4 agosto 2006, n. 28/E), derivante dalla previsione normativa di cui all’articolo 54 comma 5 del TUIR, ai sensi del quale le spese di vitto e alloggio ‘‘sono integralmente deducibili se sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura’’. La procedura richiamata non risulta di immediata applicazione, tuttavia, ove correttamente effettuata, consente al professionista prestatore di contrapporre al maggior reddito derivante dal riaddebito in fattura delle spese in oggetto, un pari importo interamente deducibile tra i costi professionali. Per il soggetto committente che ha sostenuto la spesa, invece, il costo risulta parimenti interamente deducibile, entro i limiti del generale principio di inerenza, in quanto oggetto di riaddebito nella fattura emessa dal professionista, sebbene lo stesso non risulti aver materialmente sostenuto tali costi.
Solamente l’ultima procedura evidenziata consente al professionista prestatore di attribuire alle spese in oggetto un’irrilevanza fiscale. Questa procedura è stata varie volte oggetto di critica in quanto particolarmente stringente nei requisiti e comportante un notevole sforzo materiale e temporale da parte del committente, del prestatore, nonchè del soggetto che eroga le prestazioni di vitto e/o alloggio, che risulta chiamato a svolgere una parte fondamentale per il buon esito della procedura.
Le novità del Decreto Semplificazioni
Il Decreto semplificazioni fiscali ha previsto la modifica all’articolo 54 del TUIR prevedendo che ‘‘le prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande acquistate direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista’’. La modifica troverà applicazione dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015 e apporterà una sostanziale semplificazione della procedura.
Dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2015, a seguito delle modifiche introdotte al TUIR, la particolare procedura evidenziata per ottenere la deducibilità dei costi di vitto e alloggio per il professionista va perdere di significato. La modifica, infatti, escludendo la presunzione della generazione di un reddito in natura in capo al professionista a seguito del sostenimento da parte del committente delle spese di vitto e/o alloggio, consente al primo di non tenerne minimamente conto e al committente che sostiene la spesa di registrare direttamente a costo la fattura emessa dall’albergatore/ristoratore detraendone la relativa IVA e deducendone il costo nei generali limiti del principio di inerenza. Si ritiene, tuttavia, ancora attuale la necessità per il prestatore dei servizi di vitto e/o alloggio di provvedere ad indicare anche i riferimenti del professionista/i che ha usufruito degli stessi, al fine di consentire una facile e diretta correlazione tra i costi in oggetto e la prestazione fornita dal professionista.
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