La competitività: una pericolosa ossessione economica

Michele Ciccone

16 Dicembre 2013 - 17:55

Oramai si parla sempre di competitività. Il termine è diventato un’ossessione nella mente di politici, economisti, giornalisti. Chiediamoci allora come viene definita e misurata la competitività E’ un buon indicatore della capacità di esportare da parte di un paese?

La competitività: una pericolosa ossessione economica

Paul Krugman l’aveva definita una pericolosa ossessione con almeno 20 anni di anticipo. Il suo nome è competitività. Ne sentiamo parlare in tutte le lingue e in tutte le salse. La competitività è la causa della crisi. La competitività è la soluzione alla crisi. L’Italia, la Grecia, la Spagna non sono abbastanza competitive. La Germania invece sì. Perchè? Perchè, si dice, la Germania ha un costo del lavoro per unità di prodotto più basso, e quindi esporta più di quanto importa. La Grecia invece no. La Spagna nemmeno. L’Italia sta sulla via di mezzo. Ma cosa si intende quando si parla di competitività?

Come si misura la competitività

Come viene misurata la competitività? Generalmente si fa riferimento alla competitività di prezzo (a parità di tipologia di prodotto venduto, un’impresa che applica un prezzo più basso è più competitiva, cioè riesce a vendere una quantità di prodotto maggiore rispetto alle altre imprese concorrenti). Il concetto di per sè, sia che l’impresa venda all’estero o all’interno è piuttosto plausibile (a parità di prodotto); la concorrenza è infatti uno degli aspetti salienti delle economie di mercato.

Tuttavia c’è un indicatore che spesso viene preso al posto del prezzo per misurare la competitività di un’impresa o di un’economia: il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP). Sostanzialmente il CLUP misura quanto salario monetario per ora lavorata deve pagare un’impresa per produrre in quell’ora di lavoro una unità di prodotto. Di fatto il CLUP esprime il rapporto tra salario monetario per ora lavorata e produttività del lavoro per ora lavorata.

Si ritiene inoltre che un aumento del CLUP possa scaricarsi interamente sui prezzi; più alto il CLUP più alti i prezzi. In questo senso dunque il CLUP rappresenta un sostituto dei prezzi per misurare la competitività.

Plausibilità del CLUP come sostituto dei prezzi?

A livello teorico vi sono forti dubbi sul fatto che un aumento del CLUP produca un aumento dei prezzi direttamente proporzionale: infatti una simile concezione presuppone che il margine di profitto applicato dalle imprese si mantenga costante, il che è tutto da verificare. Le imprese, infatti, proprio perchè sono in concorrenza tra di loro, non sempre possono trasferire sul prezzo monetario l’aumento dei costi di produzione.

A livello empirico il CLUP viene usato, come spesso si sarà sentito, per misurare la competitività con l’estero di un’economia. Per fare un esempio, si dice che la Germania riesca ad esportare più di quanto importa perchè è più competitiva della Grecia, in quanto ha un CLUP più basso, e quindi un livello dei prezzi inferiore.

Ora, ciò che è importante osservare è che in questi ragionamenti bisogna prendere il livello del CLUP come indicatore di un più alto livello dei prezzi, e quindi come indice di competitività. Il legame tra saldo positivo nei conti con l’estero e CLUP, quando si confrontano due paesi, risiede allora nel confronto tra i due livelli del CLUP. Secondo l’opinione diffusa dovremmo osservare infatti che ad un più alto livello relativo del CLUP corrisponde un saldo con l’estero peggiore (negativo o comunque meno positivo di quanto potrebbe essere).

Le analisi statistiche al riguardo abbondano. Noi però vogliamo essere semplici e andare a vedere se, confrontando i livelli del CLUP e il saldo con l’estero di alcuni paesi possiamo notare qualche correlazione.

I dati sul CLUP e sui saldi con l’estero

Nel grafico quì sopra (dati Ameco) è rappresentato l’indice del costo del lavoro per unità di prodotto in alcuni paesi dell’Eurozona: i PIIGS e la Germania. Cosa succede al saldo con l’estero? Lo possiamo vedere nel grafico quì sotto (dati FMI).

Andiamo a vedere l’evoluzione dal 2000 al 2013. Tra il 2000 e il 2006 il CLUP in Germania è stato permanentemente più elevato di quello greco. Tra il 2006 e il 2012 è avvenuto invece il contrario, con il CLUP greco più elevato di quello tedesco. La tendenza si è nuovamente invertita nel 2012. In base al principio del CLUP, in Germania i prezzi «di produzione» dovrebbero essere più elevati che in Grecia almeno tra il 2000 e il 2006 e tra il 2012 e il 2013, e dunque il saldo con l’estero peggiore.

Il saldo con l’estero tedesco, invece, in tutto il periodo considerato rimane sempre superiore a quello greco. Stesso discorso può essere fatto confrontando i dati italiani con quelli greci. Il CLUP italiano è, in media, più elevato di quello greco. Il saldo con l’estero italiano è viceversa permanentemente migliore di quello greco.

Quali conclusioni trarre?

Ovviamente il nostro ragionamento è molto semplificato e semplicistico. Può essere utile per avere un’idea del grado di correlazione tra CLUP e andamento dei conti esteri. Tale correlazione sembra essere, se c’è, molto bassa o comunque poco significativa. Come mai? Una spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che il fattore prezzo è solo un aspetto della competitività estera di un’economia; altri aspetti possono essere la qualità del prodotto, l’innovazione, il grado di fidelizzazione.

Attenzione dunque ai sostenitori di una riduzione del CLUP per migliorare la competitività. Il saldo con l’estero potrebbe non migliorare affatto e a rimetterci sarebbero solo i lavoratori salariati.

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# PIGS

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