Cos’è lo Ius culturae e che differenza c’è con lo Ius soli

Isabella Policarpio

18/11/2019

Ius culturae e Ius soli sono principi di acquisizione della cittadinanza che si contrappongono allo Ius sanguinis, in vigore in Italia. Qui differenze, pro e contro della proposta del PD di introdurre lo Ius culturae.

Cos’è lo Ius culturae e che differenza c’è con lo Ius soli

Si torna a parlare di Ius culturae e Ius soli da quando Zingaretti, Segretario del PD, ha annunciato di voler riformare le regole per l’ottenimento della cittadinanza italiana ai bambini stranieri.

La proposta andrebbe a modificare il sistema dello Ius sanguinis attualmente in vigore, secondo il quale lo stranieri ottiene la cittadinanza solo al compimento del 18° anno di età. Lo ius culturae ha trovato subito l’opposizione di Salvini e della Meloni, fermi nel voler mantenere le restrizioni vigenti.

Ma cosa sono esattamente lo Ius culturae e lo Ius soli? Quali sono le differenze tra loro? Vediamolo in questo articolo di approfondimento.

Ius culturae e Ius soli: le differenze

Iu culturae e Ius soli sono metodi di acquisizione della cittadinanza, anche se simili sono differenti tra loro. Per essere più precisi, lo Ius culturae è un correttivo dello Ius soli puro che prevede l’ottenimento automatico della cittadinanza del Paese in cui si nasce e si contrappone allo Ius sanguinis.

In Italia chi nasce da cittadini stranieri acquisisce la cittadinanza solo al compimento della maggiore età, mentre lo Ius culturae proposto da Zingarettiandrebbe ad accorciare i tempi: se la riforma passasse, i minori nati in Italia da genitori stranieri potrebbero acquisire la cittadinanza italiana all’età di 12 anni - anziché 18 - ma solo se dimostrano di aver concluso con successo uno o più cicli di studio o conseguito una qualifica professionale. In altre parole l’elemento culturale diventerebbe il criterio essenziale per l’ottenimento della cittadinanza.

Questa riforma andrebbe a modificare la regola dello Ius sanguinis, avvicinando l’Italia alla normativa vigente in molti altri Stati europei, come avviene in Francia, Germania, Spagna e Portogallo. Lo Ius soli senza limitazioni invece, è la regola vigente negli Stati Uniti e in Canada, qui la nazionalità dei genitori non influisce sulla cittadinanza del bambino.

Cos’è lo Ius sanguinis?

Allo Ius soli e allo Ius culturae si contrappone lo Ius sanguinis, regola vigente in Italia. Il cosiddetto “diritto di sangue” prevede che il bambino acquisisce la cittadinanza che eredita dai genitori: quindi sarà considerato straniero se i genitori sono stranieri e italiano se almeno uno dei due è italiano.

Lo Ius sanguinis è sancito dall’articolo 1 della legge 91 del 1992 ed è la regola generale prevista nella maggior parte dei Paesi dell’Africa, della zona araba e dalla Russia. Lo ius soli, invece, è la regola generale in Canada, Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito.

Come funziona la cittadinanza in Italia?

L’Italia è uno dei Paesi che prevede l’acquisizione della cittadinanza tramite Ius sanguinis, quindi è considerato italiano solamente chi nasce da almeno un genitore italiano. Quindi anche nati nel nostro territorio, i figli degli stranieri non sono cittadini italiani, pur frequentando le nostre scuole e parlando la nostra lingua. La regola dello

Ius sanguinis prevede delle eccezioni quando il bambino:

  • nasce da genitori ignoti;
  • nasce da genitori apolidi;
  • nasce da genitori stranieri ma impossibilitati a trasmettere la propria cittadinanza.
    In questi tre casi la legge italiana applica lo Ius soli, vale a dire che il bambino acquisisce la cittadinanza italiana.

    In ogni caso, il bambino straniero che nasce in Italia diventa cittadino italiano al compimento del 18°anno di età, sempre che vi abbia risieduto senza interruzioni e che abbia manifestato la volontà di ottenere la cittadinanza.

Ius culturae per bambini stranieri: pro e contro

Ora che abbiamo visto quali sono le differenze tra Ius soli, Ius sanguinis e lo ius culturae, vediamo quali potrebbero essere gli scenari se la proposta del PD entrasse in vigore.

Senza dubbio tra i pro più evidenti ci sarebbe la crescita demografica, uno dei problemi del nostro Paese, che registra da anni una popolazione sempre più anziana: circa 800 mila minori otterrebbero la cittadinanza italiana; si tratterebbe di riconoscere anche in via legale che la popolazione italiana è cambiata e che la globalizzazione è in atto anche nel nostro Paese.

Di contro, tuttavia, c’è da dire che spesso la concessione della cittadinanza sembra diventare una merce di scambio elettorale più che una questione di principio. Inoltre c’è anche da sottolineare che tutti i minori nel nostro Paese, a prescindere dalla nazionalità, godono degli stessi diritti e che la legge presta particolare attenzione alla tutela dell’infanzia e dell’adolescenza.

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