Coronavirus: Italia aveva i respiratori polmonari, ma il governo lo ha scoperto tardi

Leonardo Pasquali

30 Marzo 2020 - 17:08

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Il governo ha contattato solo a marzo l’unica fabbrica italiana di respiratori polmonari, nonostante lo stato di emergenza dichiarato a fine gennaio. Un errore fatale che poteva essere evitato.

Coronavirus: Italia aveva i respiratori polmonari, ma il governo lo ha scoperto tardi

Il governo aveva a disposizione un’azienda italiana che produce respiratori polmonari eppure ha avviato i contattati solamente a inizio marzo.

La scarsità di mezzi come i ventilatori ha fatto emergere più di qualche difficoltà nella gestione dell’emergenza coronavirus. La corsa ai dispositivi necessari per la gestione dell’epidemia ha ostacolato le operazioni del personale sanitario a tal punto che alla fine è stato chiesto l’intervento di Paesi come la Cina, che ne ha messi a disposizione in grosse quantità.

La domanda sorge spontanea: perché non si è fatto nulla a fine gennaio, quando è stato dichiarato lo stato d’emergenza?

Respiratori made in Italy c’erano, ma il governo se n’è accorto tardi

La Siare Engineering è una ditta di Bologna che produce apparecchiature mediche sin dagli anni ‘70. Il governo ha avviato i contatti con la stessa solamente ai primi di marzo per i respiratori polmonari, ovvero un mese dopo la dichiarazione dello stato di emergenza (il 31 gennaio). Il premier Giuseppe Conte, il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, e Domenico Arcuri, non ancora commissario per l’emergenza coronavirus decidono comunque di chiedere un aiuto alla Siare, sperando nell’impresa.

L’azienda con sede a Valsamoggia è composta da 35 dipendenti con un fatturato di 11 milioni di euro. La produzione per il 90% è destinata all’estero e di solito non vengono sfornati più di 40 respiratori a settimana. Il direttore generale Gianluca Preziosa riceve la richiesta da parte di Conte di mettere a disposizione almeno 2.000 ventilatori entro luglio, proposta che viene accettata. Tuttavia il poco preavviso causa più di qualche difficoltà nonostante il gruppo Fca e la Ferrari abbiano fornito il materiale e l’Esercito abbia inviato 25 tecnici. La speranza è quella di superare i 500 respiratori prodotti al mese per inviarli alle strutture ospedaliere, dopo averne spediti 320 sin da subito.

“Con un po’ d’anticipo si poteva fare meglio”

Gli interrogativi si sommano, soprattutto considerando che lo stato d’emergenza in Italia è stato dichiarato molto prima della richiesta di Conte. Nessuno ha pensato ad agire prima, non si è riusciti a fare nulla in questo senso per un mese intero. Si sarebbe potuto risparmiare tempo e magari avere a disposizione molti più respiratori.

La stessa domanda se l’è posta Preziosi che ai microfoni de Il Fatto Quotidiano ha detto:

“Si poteva fare meglio con un po’ di anticipo. Dopo il contatto con Conte ho subito bloccato i respiratori già imballati nei cartoni per partire verso l’Asia, così ne abbiamo recuperati più di trecento per gli ospedali italiani. Ho vuotato il magazzino. Adesso dal Sudamerica mi domandano 3.500 pezzi, ma ho rifiutato perché la mia fabbrica è a totale disposizione del governo”.

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