Il QE3 porterà ad una ripresa sostenuta? Difficile secondo Roubini

Erika Di Dio

20 Novembre 2012 - 17:55

Il QE3 porterà ad una ripresa sostenuta? Difficile secondo Roubini

Circa un mesetto fa un noto economista americano, Nouriel Roubini, professore di economia presso la New York University, presidente di RGE Monitor (società di economia specializzata in analisi finanziaria) e blogger per Ecomonitor, ha pubblicato un interessante articolo sul tanto discusso QE, l’alleggerimento quantitativo di cui tanto si parla in questi mesi. Vediamo cosa pensa l’economista a riguardo.

Le tre domande di Roubini

La decisione da parte della Federal Reserve americana di mettere in atto un terzo round di Quantitative Easing, o QE3, ha sollevato tre domande importanti.

- Il QE3 farà ripartire la crescita economica "anemica" degli Stati Uniti?
- Porterà ad un aumento persistente di attività a rischio, in particolare negli Stati Uniti e in altri mercati azionari mondiali?
- Infine, i suoi effetti sulla crescita del Pil e sui mercati azionari saranno simili o diversi?

Molti ora sostengono che l’effetto del QE3 sulle attività a rischio dovrebbe essere tanto forte, se non addirittura più forte rispetto a quello del QE1, QE2 e a "Operation Twist", il precedente programma di vendita di titoli promosso dalla Fed. Dopo tutto, mentre i precedenti round di alleggerimento monetario degli Stati Uniti erano stati associati ad un aumento persisente dei prezzi azionari, la dimensione e la durata del QE3 sono ora più consistenti. Ma, nonostante il considerevole impegno della Fed verso un alleggerimento monetario aggressivo, i suoi effetti sull’economia reale e sui titoli azionari statunitensi potrebbero essere più ristretti e più effimeri rispetto a quelli dei precedenti round.

Prendiamo in considerazione, prima di tutto, il fatto che i precedenti round di QE avvenivano con una valutazione dei mercati azionari e con dei profitti molto più bassi. Nel Marzo del 2009, l’indice S&P 500 era calato di 660 punti, gli utili per azione delle società americane e delle banche erano calate ai minimi da crisi finanziaria e il rapporto prezzo/utili era sceso sotto il 10%. Oggi lo S&P 500 ha ripreso gran parte delle quotazioni originarie e il rapporto prezzo/utili è sopra il valore 14. Anche durante il QE2, durante l’estate del 2010, lo S&P 500, gli utili per azione e il rapporto prezzo/utili erano molto più bassi rispetto ad oggi.

Inoltre questa volta il supporto fiscale è assente: il QE1 e il QE2 hanno contribuito ad evitare una recessione più profonda e hanno evitato una recessione double-dip, rispettivamente, in quanto ciascuno era associato ad un significativo incentivo fiscale. Al contrario, il QE3 sarà associato ad una contrazione fiscale, possibilmente anche un grande "precipizio fiscale". Infatti, con un’economia con un tasso di crescita dell’1,6% all’anno e una diminuzione fiscale anche dell’1%, si arriverà ad una stagnazione nel 2013, nonostante il QE3.

Non ci sarà quindi un rimbalzo. Sia nel 2010 che nel 2011 i principali indicatori economici avevano giò mostrato segnali di ripresa prima ancora dell’annuncio dell’alleggerimento quantitativo. Oggi invece gli ultimi dati pubblicati dimostrano come l’economia americana sia ancora debole come lo era all’inizio dell’anno smentendo le previsioni di una crescita più robusta.

I canali di trasmissione all’economia reale secondo Roubini

Titoli: con titoli governativi a lungo periodo che rimangono a livelli molto bassi, un’ulteriore riduzione non cambierà significativamente il costo del prestito per gli agenti privati.

Credito: anche il canale del credito non funziona in modo appropriato, in quanto le banche hanno intrappolato al loro interno molta della liquidità extra fornita dalla Fed.

Il canale della moneta

Con la crescita globale in continuo rallentamento, difficilmente le esportazioni potranno aumentare anche con un dollaro debole. L’effetto di un dollaro debole è negativo sull’economia americana per due motivi: prima di tutto questo significa che il paese deve acquisire ad un prezzo maggiore per le commodity in quanto gli Stati Uniti sono importatori netti; in secondo luogo ogni miglioramento sul Pil derivato da maggiori esportazioni induce ad aumento nelle importazioni. Studi empirici stimano che l’impatto totale di un dollaro più debole sulla bilancia commerciale è pari a zero.

Il canale della fiducia?

Il presidente della Fed Ben Bernanke ha recentemente sottolineato l’importanza di un altro canale: quello della fiducia, attraverso la quale l’impegno della Fed di mantenere condizioni monetarie generose a lungo potrebbe migliorare la spesa privata. Il problema è quanto sostanziali e duraturi saranno questi effetti. La fiducia è molto fragile in un ambiente caratterizzato da deleveraging, grandi incertezze e crescente deficit fiscale.

Infine, il QE3 riduce il rischio di una maggiore contrazione dell’economia, ma difficilmente porterà ad una ripresa sostenuta in un doloroso periodo di deleveraging. Nel breve periodo, il QE3 porterà gli investitori ad assumersi più rischi e stimolerà, in misura modesta, il mercato azionario.

Traduzione italiana a cura di Erika Di Dio. Fonte: Ecomonitor

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it