L’esito delle ultime elezioni ha lasciato il Paese nel caos. Molti hanno cercato di “dare la colpa” a qualcuno o a qualcosa per spiegare un risultato che da una sola certezza: questo Governo durerà molto poco.
C’è chi se l’è presa con l’austerità, chi ha parlato di grave errore da parte del PD nella mancata scelta di Matteo Renzi come candidato Premier, chi si è scagliato contro il solito Berlusconi e chi ha inveito contro il populismo di Grillo che ha conquistato i cittadini “più con le sue abilità di comico che con le sue capacità di politico”.
Su una cosa sola però i vari schieramenti sembravano essere in totale accordo. Una delle cause principali dell’attuale ingovernabilità del Paese è la legge elettore.
“Il Porcellum va cambiato”. Abbiamo sentito queste parole migliaia di volte dopo il 25 febbraio; sembrava che, una volta insediato il nuovo Governo, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata scegliere il sistema più adatto al nostro Paese, eppure adesso sembra che le cose stiano cambiando.
Tra disaccordi sul modello da adottare e proposte di eventuale modifica alla Costituzione, pare che i partiti, già prima di assumere il loro incarico in Parlamento, stiano facendo marcia indietro.
Perché? Perché se si arrivasse a nuove elezioni, un sistema elettorale differente dal Porcellum potrebbe dare il Paese in mano al Movimento 5 Stelle.
Secondo gli ultimi sondaggi infatti, Grillo & Co., dopo le elezioni, starebbero guadagnando sempre più consensi attirando nelle loro fila anche molti che, due settimane fa, hanno preferito votare PD e PDL.
E allora meglio lasciare intatto un sistema elettorale che rende difficoltoso il raggiungimento di un’ampia maggioranza che far vincere nettamente i Grillini. Questo sembra ad oggi il pensiero silenzioso di PD e PDL.
Come funziona il Porcellum?
La Legge Calderoli entrò in vigore il 31 dicembre 2005. A ribattezzarla “Porcellum” fu il politologo Giovanni Sartori, dopo che lo stesso Calderoli, aveva candidamente affermato in un intervista che la suddetta legge era “una porcata”.
Secondo l’attuale sistema elettorale i seggi di Camera e Senato vengono assegnati proporzionalmente ai voti raccolti. Alla Camera il premio di maggioranza garantisce i 340 seggi necessari a governare alla lista o coalizione che ottiene la maggioranza relativa dei voti.
Al Senato invece il premio scatta su base regionale, in modo da assicurare alla coalizione vincente in una determinata regione almeno il 55% dei seggi a essa assegnati.
Per accedere ai seggi presenti alla Camera dei Deputati partiti e coalizioni devono superare una soglia minima di sbarramento pari al 4% per i primi e al 10% per le seconde, mentre per il Senato la soglia minima è dell’8% per i partiti e del 20% per le coalizioni.
In base al Porcellum inoltre, i cittadini non possono esprimere preferenze per i singoli candidati, che verranno poi eletti secondo l’ordine di presentazione in base ai seggi ottenuti dalle varie liste.
Le proposte degli ultimi due anni
Già nel 2011, all’apice della crisi, si parlava di riforma elettorale. Quando il Governo tecnico di Mario Monti prese il suo posto in Parlamento sembrava che la prima cosa di cui esso dovesse occuparsi fosse proprio creare una nuova legge elettorale.
Le proposte sono tante, ma nel corso dei mesi non cambia niente. La campagna per le amministrative di maggio 2012 e l’exploit del M5S a Parma congelano tutto.
A luglio è lo stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a chiedere alle Camere una riforma che egli considera “opportuna e non più prorogabile”, ma ancora una volta la richiesta si conclude in un nulla di fatto.
Tra chi propone semi-presidenzialismo e preferenze (PDL) e chi invece auspica un sistema maggioritario alla francese (PD), le proposte continuano ad arenarsi tra divisioni e ripicche. Vengono presentati ben 39 disegni d legge di riforma, ma nessuno di essi va a buon fine.
Si arriva all’autunno 2012 e i nuovi DDL presentati dalla Lega e dal PDL vengono bocciati da PD e IDV.
Da questo momento in poi sembra che invece di preoccuparsi della necessaria riforma elettorale, data l’imminenza delle nuove elezioni, i partiti di maggioranza pensassero più che altro a fermare l’impetuosa avanzata dei grillini che, col passare dei mesi, guadagnavano sempre più consensi.
Una cambiamento pare arrivare di nuovo da Roberto Calderoli che presenta diverse proposte. L’ultima di esse sembra attrarre consensi: il lodo prevedeva di eliminare la soglia del 42,5% e inserire un premio in due ‘scaglioni’, uno sopra il 35% e, in caso di mancato raggiungimento, uno sopra il 25%.
Ma di nuovo niente e così, si va a votare con il Porcellum. Risultato? Il Movimento 5 Stelle si attesta comunque come primo partito, ma il Paese è totalmente ingovernabile.
Adesso sorge spontanea una domanda, se la riforma elettorale fosse stata approvata per tempo, la situazione oggi sarebbe diversa? Non lo sapremo mai. Ma se, ancora una volta, il nuovo Governo si preoccuperà di vincere dibattiti e scaramucce interne anziché di mandare in pensione la “legge porcata”, fra sei mesi, la situazione potrebbe essere ancora più complicata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA