Il 22 gennaio la Bce deciderà sul Quantitative easing

Felice Di Maro

19 Gennaio 2015 - 12:26

Ci siamo. Il Qe, Quantitative easing, modalità con la quale potrebbe avvenire la creazione di moneta da parte della Bce con acquisto di titoli nei mercati finanziari della zona euro con operazioni di mercato aperto diventerà realtà.

Il 22 gennaio la Bce deciderà sul Quantitative easing

Quale sarà la dimensione, il ritmo, nonché la composizione degli acquisti? Certo è, indietro non si torna. I 19 paesi dell’ Unione europea hanno voluto l’euro che doveva rappresentare un passo verso una maggiore e più significativa unità d’Europa. Oggi dall’euro si torna indietro? Le stime dicono di no, ma la fase è veramente delicata.
Il rischio della deflazione è maggiore rispetto a quello di un fa e la Bce non ha infinite possibilità di agire per riportare l’inflazione della zona euro verso l’obiettivo del 2% come più o meno ha sempre fatto. Sia chiaro e senza equivoci. La Bce finora non ha avuto passivi e ogni anno ha sempre distribuito utili di miliardi ai paesi dell’euro. Quindi le operazioni di Qe dovranno essere comunque equilibrate e distribuite nel tempo.
La stretta creditizia e l’attuale congiuntura hanno portato ad un esaurimento della politiche monetarie convenzionali ampiamente praticate come l’abbassamento dei tassi di interesse allo zero e il tasso di interesse negativo per i depositi presso la stessa Bce. Ora bisogna fare una svolta. Come ha dichiarato Benoît Coeuré, membro del Comitato esecutivo della Bce, in una intervista pubblicata il 16 Gennaio 2015 da Libération "il calo dei prezzi del petrolio è una buona cosa, ma nella misura in cui esso ha un’influenza negativa sulle aspettative per l’inflazione, è tutt’altro che buono. Il pericolo è che la gente possa credere che il tasso di inflazione non salirà molto presto al 2%, o almeno nei prossimi cinque anni. E questo basterebbe ad accrescere il rischio di una recessione. Il rischio di deflazione è ancora basso, ma è comunque maggiore di un anno fa"

Perché Benoît Coeuré presenta queste problematiche? Jean Quatremer che ha realizzato l’intervista gli ha chiesto se si teme la deflazione più che dell’inflazione e lui ha risposto: "Né l’una né l’altra sono desiderabili. Ma dal punto di vista di un banchiere centrale l’inflazione è più facile da combattere della deflazione. Perché? nel caso di un’inflazione si alzano gli interessi. In questo modo aumenta il prezzo del denaro, il volume dei mezzi di pagamento in economia si riduce e la pressione sui prezzi e i salari si alleggeriscono. Con la deflazione è molto più difficile. Ora ci troviamo in una situazione nella quale dovremmo abbassare ulteriormente il tasso di interesse, ma non è più possibile. A questo punto siamo costretti a ricorrere a mezzi non convenzionali, cioè a modificare le dimensioni e la composizione del bilancio della Banca Centrale Europea"

Sia chiaro e senza equivoci. Se Benoît Coeuré dichiara che bisogna “Modificare le dimensioni e la composizione del bilancio della Banca Centrale Europea" dobbiamo considerare che potrebbero arrivare anche nuove spese per gli stati della zona euro. Al riguardo con il Meccanismo europeo di stabilità (MES, European Stability Mechanism) che è stato istituito dalle modifiche al Trattato di Lisbona (art. 136) che sono state approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo a Bruxelles il 25 marzo 2011 abbiamo già avuto una svolta onerosa. Com’è noto si tratta di un fondo europeo per la stabilità finanziaria della zona euro (art. 3) che ha assunto però la forma di organizzazione intergovernativa (sul modello dell’FMI) con una struttura fondata su un consiglio formato da rappresentanti degli stati membri e con un consiglio di amministrazione. I poteri sono attribuiti dal trattato istitutivo Ue di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo di organizzazione.

Certo se questo MES non fosse stato istituito per gli stati della zona euro oggi sarebbe diverso.

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