In area Euro è in corso una fase di bassa inflazione e Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, ha dichiarato che ci saranno movimenti al rialzo graduali verso livelli più vicini ai 2 %.
Ottimo. Tutto è stato in linea con quella che è stata la scelta della Bce che nella riunione del 6 marzo ha lasciato il tasso d’interesse di riferimento invariato allo 0,25% e fermi sono rimadti anche il tasso marginale allo 0,75% e quello sui depositi a zero.
Per quanto riguarda le prospettive a medio termine per i prezzi al consumo e la crescita le informazioni e le analisi della BCE sono di mantenere una politica monetaria accomodante per tutto il tempo necessario per uscire dalla crisi. Naturalmente le prospettive a medio termine sono che niente cambierà per il costo del denaro in area euro ma la disoccupazione che è ormai da tempo a due cifre diminuirà?
Che occorra un mix di misure secondo Draghi è da condividere ma se il PIL in termini reali dell’area dell’euro che è aumentato dello 0,3 % sul trimestre precedente come anche nel corso dell’ultimo trimestre del 2013 non aumenta insieme all’occupazione non cambierà niente.
L’andamento degli indicatori sono in linea con la continua crescita moderata anche nel primo trimestre di quest’anno ma le condizioni economiche delle famiglie almeno in Italia sono peggiorate e sono diminuiti anche i consumi alimentari. Draghi guarda al futuro e vede la ripresa in atto anche se a un ritmo lento non tiene conto però che il miglioramento delle condizioni di finanziamento non c’è stato e i progressi compiuti nel consolidamento fiscale e le riforme strutturali sono stati solo a favore dei mercati finanziari.
Il PIL reale è in aumento è vero e per il 2014 e si prevede che sarà del 1,2 % e del 1,5% nel 2015 e 1,8 % nel 2016. Si tenga conto che si tratta di stime e l’economia reale ha bisogno di investimenti e di un potere di acquisto adeguato di stipendi, salari e pensioni.
Comunque l’analisi monetaria di Draghi è importante. Ha detto che i dati di gennaio confermano la valutazione della crescita modesta in relazione al sottostante monetario ampio ( M3) e del credito. La crescita annua di M3 è aumentata al 1,2 % nel mese di gennaio, dal 1,0 % di dicembre . L’ afflusso mensile di M3 nel mese di gennaio è stato notevole ma Draghi non tiene conto che la disoccupazione è aumentata.
L’aumento della crescita di M3 riflette un tasso di crescita annuale più forte di M1 che è salito al 6,2 % dal 5,7 % di dicembre e questo significa che il denaro circola ma non produce equilibrio economico favorevole alle famiglie. Come nei mesi precedenti il principale fattore di sostegno alla crescita annua di M3 è stato un incremento della posizione patrimoniale netta sull’estero e questo mette in evidenza quello che è il crescente interesse degli investitori internazionali nelle attività economiche dell’area dell’euro ma a quanto pare non interessa l’Italia.
Il tasso di variazione dei prestiti al settore privato è diminuito e il tasso di variazione dei prestiti alle società non finanziarie è stato -2,9% a gennaio, invariato rispetto al mese di dicembre. Questo significa che la dinamica dei prestiti è debole per le società non finanziarie e questo continua a riflettere il loro rapporto ritardato con il ciclo economico. Si voglia o no il rischio di credito e l’adeguamento costante dei bilanci del settore finanziario e non finanziario è alto.
Il tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti alle famiglie si è attestato allo 0,2 % nel mese di gennaio 2014, sostanzialmente invariato dall’inizio del 2013. Chiaro è che le famiglie non fanno più acquisti in quanto è diminuita la loro capacità di spesa in relazione alle scelte dei vari governi è diminuito il reddito.
© RIPRODUZIONE RISERVATA