Grazie all’ossigeno nel sangue, i malati di SLA e affetti da sindrome locked-in, cioè completamente paralizzati, potranno comunicare col pensiero. Ecco come.
I malati affetti da sindrome locked-in e da SLA saranno di nuovo in grado di comunicare con i loro cari tramite il pensiero. Ci riusciranno grazie all’ ossigeno nel sangue.
Secondo uno studio pubblicato su Plos Biology, i malati di SLA e quelli affetti da sindrome locked-in potranno tornare a comunicare con il mondo esterno ed esprimere il loro pensiero su quello che li circonda. Si tratta di una scoperta sensazionale, realizzata grazie ad un team internazionale guidato da Niels Birbaumer del Wyss Center per la Bio e Neuroingegneria di Ginevra.
Dopo lo studio sulla sicurezza delle cellule staminali per contrastare la SLA e qualche problema sull’uso terapeutico della cannabis, ora questa nuova ricerca è alla base di nuovi metodi che permetteranno di migliorare le condizioni di vita dei malati affetti da SLA e da sindrome locked-in.
Chi è vittima di questa sindrome è completamente paralizzato, tanto da non riuscire a respirare neanche in modo autonomo. Il cervello però continua a funzionare, quindi i malati sono totalmente coscienti di quello che li circonda, senza poter però interagire con il mondo.
Ad una condizione molto simile porta la SLA, la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Questa malattia porta alla paralisi dei muscoli del corpo fino al blocco totale anche della deglutizione e della respirazione.
La nuova tecnologia messa a punto in questo studio permetterà a chi è affetto da SLA e sindrome locked-in di tornare a comunicare grazie alla misurazione dei livelli di ossigeno nel sangue in base al loro pensiero. Una certa concentrazione di ossigeno, secondo i ricercatori, è legata ad una precisa risposta. Una volta misurati, questi livelli permetteranno ai malati di SLA di comunicare con il mondo esterno, come se si trattasse di un linguaggio vero e proprio.
Vediamo a questo punto come è stato condotto l’esperimento sui malati affetti da SLA e da sindrome locked-in e quali sono stati i risultati ottenuti.
L’esperimento sui malati con sindrome locked-in
Per condurre l’esperimento, i ricercatori hanno preso in esame quattro malati, tutti intubati ed affetti da sindrome locked-in. Ad ogni paziente è stata applicata una cuffia ad elettrodi, attraverso la quale sono stati misurati i livelli di ossigeno nel sangue.
Con la cuffia addosso, ai malati affetti da SLA e da sindrome locked-in sono state poste delle domande che richiedevano delle semplici risposte affermative o negative (“sì“ e ”no”). L’interfaccia che collegava il cervello dei malati al computer è riuscito a monitorare la quantità di ossigeno nel loro sangue ed ha formulato delle risposte in base al pensiero dei malati, con un’accuratezza pari al 75%.
SLA e sindrome locked-in. I risultati dell’esperimento sull’ossigeno
I risultati dell’esperimento sono stati sconvolgenti. Non solo i malati hanno risposto alle domande, anche se ripetute più volte, ma sono riusciti ad esprimere anche il loro pensiero sulla condizione in cui si trovavano.
Alla domanda “sei felice?” i malati hanno risposto “sì”. Si tratta di un dato importante, dal momento che tutti e quattro avevano accettato la ventilazione artificiale pur di continuare a vivere.
Per il professor Niels Birbaumer, che ha guidato lo studio, si tratta della chiave di volta per creare nuovi modi per migliorare la vita dei malati affetti da SLA e sindrome locked-in:
“Se questa tecnica potrà essere sviluppata potrà avere un grande impatto sulla qualità della vita di questi pazienti.”
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