Il progetto di Yamaha per la guida autonoma ha sfidato in pista Valentino Rossi.
Motobot è un robot umanoide creato dal team di Ricerca e Sviluppo della Yamaha che si è misurato in pista con il 9 volte campione del mondo Valentino Rossi, guidando entrambi la stessa Yamaha YZF-R1M che corre in MotoGP.
Il progetto è una perfetta integrazione tra la ricerca del colosso giapponese e le tendenze di guida autonoma che stanno già caratterizzando il mondo automotive: la Silicon Valley è il luogo più caldo in questo senso, e proprio in California, sullo storico circuito Thunderhill di Sacramento, si è “allenato” il Motobot.
Inizialmente, controllare il pilota meccanico in pista era come giocare a un videogame, scegliendo la velocità e la direzione, ma alla fine il robot è diventato autonomo.
Motobot vs Valentino Rossi
Come si vede dal video, il robot dipinto di blu ha corso in pista sfidando sul tempo del giro il campione Valentino Rossi: a settembre, il team che ha sviluppato il Motobot 2.0 ha raggiunto un gran successo quando la moto guidata dal robot ha superato senza difficoltà la velocità di 200 km/h sul tracciato, 50 km/h più veloce della versione precedente, che comunque non sono bastati per fargli fare il tempo su giro di Valentino Rossi, 30 secondi più veloce del robot.
In ottobre, la sfida si è riproposta e il Motobot è stato soltanto due secondi più lento del campione in carne ed ossa.
Questo lascia pensare che un domani, dopo le dovute migliorie, la macchina sarà capace davvero di replicare le performance dell’uomo nonostante la guida in pista sia uno dei settori dove la creatività e l’attitudine personale incidano molto.
Guida autonoma sulle moto: il lavoro di Yamaha
Il progetto Motobot è nato nel 2014, come uno di quei progetti che hanno uno scopo principalmente esplorativo e poco commerciale. L’idea originaria di Yamaha era quella di creare un robot umanoide capace di guidare l’auto da solo e la compagnia ha contattato Stanford Research Institute, che in passato ha aiutato nello sviluppo di Siri e tanti robot.
Il team ha scelto di puntare su un pilota di moto per differenziare il progetto dai tanti di guida autonoma sulle automobili, e nessuno lo aveva mai fatto prima. Inoltre, essendo stato sviluppato per la pista, il Motobot non ha bisogno di tutti i radar e sensori che vediamo sulle auto a guida autonoma che invece devono circolare per le strade di città e nel traffico.
L’obiettivo è quello di portare la macchina al livello umano. Non tutti i piloti sanno andare subito a 200 km/h, mentre il Motobot può. I coordinatori possono specificare quanto il Motobot deve guidare più aggressivamente in una scala da 0 a 100% e il robot fa il resto: questo processo è simile a quando un team stabilisce le strategie di guida col proprio pilota, ma la progettazione che c’è dietro è molto più ampia e sicuramente meno rischiosa.
“Abbiamo avuto due gravi incidenti” ha detto Hiroshi Saijou, CEO e direttore di Yamaha Motor Ventures & Laboratory Silicon Valley, ma fortunatamente nessuno si è fatto male, visto che molti sono avvenuti a bassa velocità mentre il team perfezionava il Motobot.
Il futuro del Motobot sembra essere sulle sue gambe, dato che finora non è stato creato per camminare ma solo per guidare una moto da corsa, ma anche un pilota robot potrebbe essere una valida alternativa alle auto autonome, per dare una seconda opportunità ai modelli più vecchi e che richiedono l’intervento di un conducente.
Lo stesso team è a lavoro sulla terza versione.
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