GRECIA, EURO - George Papandreou: perché lo ha fatto? Il Primo ministro greco vuole veramente dar ragione a tutti coloro che, in Germania e altrove, si pentono di aver fatto entrare la Grecia nell’euro? Annunciando, senza peraltro avvertire i suoi partner europei, la sua intenzione di sottoporre a referendum il piano di salvataggio, messo a punto solo una settimana fa, il capo del governo greco rinvigorisce, di fatto, una tempesta che rischia, nuovamente, di travolgere tutto.
Il compromesso di Bruxelles è fragile. Si sapeva fin dall’inizio. L’accordo, complesso, cui i leader UE sono giunti nella notte tra Mercoledì a Giovedì è parso subito vago e insoddisfacente, con numerosi punti di domanda - sull’impegno "volontariato" delle banche, sui piani di recupero promessi dai paesi iperindebitatai, sul ruolo e i mezzi del Fondo di salvataggio EFSF, sul margine di manovra della BCE - .
Si sapeva anche che l’attuazione dell’accordo non sarebbe stata facile. In piena tempesta, la BCE, l’unica istituzione davvero federale in seno all’Unione, ha cambiato il proprio timoniere. Non è questo, probabilmente, ciò di cui l’Europa ha bisogno ora, non è la priorità, ma questi sono gli statuti. I trattati lo richiedono e non si può far diversamente. Mario Draghi, il successore da Martedì 1° novembre di Jean-Claude Trichet, ha di che preoccuparsi. Il calendario che lo attende è fitto e particolarmente impegnativo. Dovrà dimostrarsi capace di direzionare una nave pesante, come la BCE, in acque particolarmente agitate, e dimostrare, quale uno dei principali attori della crisi e capo della BCE, una credibilità indiscutibile.
L’annuncio Lunedì a New York della bancarotta di MF Global, il più grande fallimento di un istituto finanziario negli Stati Uniti dopo il crollo di Lehman Brothers, vittima di una pericolosa e onerosa scommessa – quella sul debito di alcuni paesi europei - dimostra al tempo stesso come l’accordo del 27 ottobre non poteva, di per sé, fermare il rischio di contagio.
Proponendo di sottoporre al voto popolare il piano europeo, Papandreou ha fatto una folle (seppur democratica) scommessa. Tutte le forze politiche approveranno e i Greci, una volta informati, anche, afferma il Primo ministro. Questo non è ciò che si dice, per ora, nelle strade e che emerge dai sondaggi. Immaginando che il popolo greco si fosse dimostrato d’accordo, all’unanimità, a ricevere una “purga” violenta come quella proposta, Papandreou avrebbe ugualmente indetto il referendum per una rinegoziazione del piano di aiuti europeo? Probabilmente no. E probabilmente non è questo il modo in cui l’Europa dovrebbe funzionare. Il colpo di scena di Atene apre, almeno fino a gennaio, un nuovo periodo di incertezza, la cosa peggiore. E solleva la questione se la Grecia ha, e deve avere ancora, il suo posto nella zona euro.
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