Si avvicina la scadenza della rata al FMI, ma la Grecia è ancora in grave crisi di liquidità. Il presidente della Commissione europea rassicura: “Non ci sarà default”.
La Grecia deve rimborsare quasi un miliardo di euro al FMI entro il 12 maggio, scadenza di pagamento che sarà preceduta da due incontri dell’Eurogruppo.
Il primo, informale, è fissato a Riga questo venerdì 24 aprile e un secondo, più formale, a Bruxelles, forse alla vigilia della scadenza del pagamento al FMI.
Con tensioni di ogni tipo e con i mercati finanziari che vogliono chiarezza sulle scelte dell’UE per l’alleggerimento del debito, il tempo passa e le casse greche sono sempre più vuote.
Il governo greco ha imposto agli enti locali - ma anche ai fondi pensione - il versamento automatico di contanti alla Banca centrale.
Nonostante il suplus di trattative tra Bruxelles e l’ex Troika oggi denominata Brussels Group, in vista dell’Eurogruppo di venerdì sul tavolo non c’è niente di concreto.
Imperava il silenzio dei vertici UE a riguardo, ma il presidente della Commissione UE Jean Claude Juncker in un’intervista a Politico commenta:
Non ci sarà un default. Chiedo anche chiarezza ad Atene che non collabora come vorremmo. I negoziati negli ultimi giorni stanno cominciando ad andare nella giusta direzione ma c’è ancora molta strada da fare.
Abbiamo bisogno di chiarezza e non l’abbiamo ancora. Avevo perso la pazienza nel frattempo.
Ora l’ho ritrovata e non voglio perderla di nuovo. La situazione greca è un problema, non stanno collaborando come vorremmo perché al nostro team sul campo ad Atene non consentono di entrare nei ministeri, una cosa non solo strana ma inaccettabile.
La dichiarazione di Juncker è chiara riguardo il piano delle riforme che la Grecia dovrebbe presentare ai suoi creditori internazionali. Si tenga conto che il nuovo Brussels Group è composto anche da rappresentanti del fondo salva-stati ESM, insieme ai tecnici della Grecia che non svolgevano in precedenza alcuna funzione di rilievo.
L’acronimo ESM sta per “Meccanismo Europeo di Stabilità” (MES), istituito con le famose modifiche all’art.36 del Trattato di Lisbona, approvate il 23 marzo del 2011 dal Parlamento europeo e ratificate dal Consiglio europeo di Bruxelles il 25 marzo 2011.
Per l’art. 3, l’ESM è un fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona euro, ma ha invece assunto la veste di organizzazione intergovernativa sul modello del Fondo Monetario Internazionale.
La sua organizzazione presenta due organi distinti, un consiglio di governatori con rappresentanti degli stati membri e un consiglio di amministrazione dal potere reale di decisione, funzioni attribuite dal trattato istitutivo, che impone le scelte di politica macroeconomica ai paesi aderenti al fondo-organizzazione.
La Grecia deve quindi accettare le scelte di politica macroeconomica imposte dall’ESM e dall’UE, ma quest’ultima niente propone.
Le trattative si sono bloccate per due riforme chiave, liberalizzazioni e privatizzazioni. Mentre le prime trasferiscono attività varie e servizi dalla sfera pubblica a quella dei privati, con scarse entrate nelle casse dello Stato, le altre invece - almeno inizialmente - possono portare introiti cospicui.
L’economia pubblica si riduce e la leva finanziaria generale della Grecia si abbassa di valore, per promuovere investimenti vari e articolati. Ovviamente, se non si fanno investimenti pubblici di rilievo si riducono gradualmente anche quelli privati.
Venerdì 24 aprile si terrà a Riga un incontro interlocutorio dei ministri delle finanze; sarà difficile che si riesca a raggiungere un’intesa sulle riforme che consenta di sbloccare l’ultima tranche da 7,2 miliardi di aiuti del piano di salvataggio concordato prima delle elezioni del 25 gennaio.
Il 12 maggio la Grecia deve rimborsare quasi 800 milioni al Fondo Monetario Internazionale e, senza nuove concessioni di liquidità, difficilmente riuscirà ad onorare i suoi impegni.
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