Gaza: Servono 5 miliardi di dollari per la ricostruzione ma l’UE si sfila: "questa volta non tocca a noi"

Alessandro Iacopini

01/09/2014

A breve una conferenza internazionale per raccogliere fondi: ci si aspetta molto da Turchia, Qatar e Arabia Saudita. Per la prima volta Stati Uniti e Europa non saranno i maggiori finanziatori.

Gaza: Servono 5 miliardi di dollari per la ricostruzione ma l’UE si sfila:

La ricostruzione di Gaza costerà almeno 5 miliardi di dollari. È questa la stima fatta dal “Palestinian Contractor Union”, il consorzio che riunisce i costruttori edili della Striscia di Gaza, sui possibili costi dei lavori per la riedificazione di grossa parte della Striscia.

Anche perché, sempre secondo il consorzio, ci sarebbero a Gaza almeno 9mila edifici distrutti, più di 8mila pesantemente danneggiati e più di 40mila che avrebbero bisogno di riparazioni.

Un numero enorme, sulla quale concorda anche Ufficio coordinamento umanitario dell’Onu (Ocha), secondo cui però potrebbero bastare per la ricostruzione anche solo 600 milioni di dollari.

Nonostante la grande differenza di valutazione, rimane il fatto che i palestinesi non potranno sobbarcarsi da soli le spese.

Per questo a settembre prederà il via al Cairo una conferenza, copresieduta da Norvegia ed Egitto, per raccogliere dei fondi da destinare alla ricostruzione di Gaza.

Turchia, Arabia Saudita e Qatar in pole per gli aiuti
Rispetto al passato l’Unione Europa, impantanata nella crisi economica, non sembra in grado di sobbarcarsi il grosso della spesa.

“Questa volta non potremo essere noi a garantire gran parte dei finanziamenti”

Ha spiegato un diplomatico europeo a Tel Aviv, confermando le grandi difficoltà finanziarie del vecchio continente.

Anche il ruolo degli Stati Uniti dovrebbe risultare più marginale rispetto al passato: il segretario di Stato John Kerry, impegnato in lunghi round di colloqui nelle cancellerie mondiali ha spiegato che il “gli Usa faranno la loro parte”, senza però sbilanciarsi sull’entità delle donazioni.

Secondo molti osservatori internazionali, saranno dunque la Turchia, l’Arabia Saudita ed il Qatar ad impegnarsi maggiormente negli aiuti ai palestinesi.

Se la Turchia e il Qatar, particolarmente legate ad Hamas, hanno fornito aiuti anche durante i giorni del conflitto – sono molte nelle Striscia le ambulanze con la bandiera turca - l’Arabia Saudita ha già promesso ad Abu Mazen almeno 500 milioni di dollari.

Ma il solo nome di Abu Mazen scatena nei palestinesi reazioni contrastanti. Per un rappresentate del campo profughi di Khan Yunis:

“Durante 51 giorni di guerra non si è mai rivolto alla nostra gente ma ora vuole arrivare e gestire tutti i soldi che ci daranno, un presidente si comporta così?”.

Per adesso l’ipotesi è quindi affidare i fondi raccolti a tre gestori, Unpd, Unrwa (l’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi) e Autorità nazionale palestinese, che così si possono controllare reciprocamente.

Ma anche il ruolo di Israele desta preoccupazione, poiché secondo la Palestinian Contractor Union:

“ Israele vuole accatastare i materiali edili sul suo territorio e poi, progressivamente, farceli arrivare. Sarebbe assai meglio sarebbe tenerli tutti nella Striscia, sotto il controllo di Abu Mazen, per poi affidare all’Autorità palestinese le decisioni su cosa usare, quando e come”.

Neanche è cominciata dunque, e già la ricostruzione di Gaza sta diventando un problema. Anche perché non c’è certezza neanche sui tempi. Sempre secondo la Palestinian Contractor Union:

“Se tutto funzionasse alla perfezione, e da subito, ci servirebbero 3 anni di tempo per far tornare Gaza allo scorso 8 luglio ma poiché non sarà così, potrebbero non bastare 30 anni”

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