La prima revisione del dato sul prodotto interno lordo americano nel secondo trimestre dell’anno, effettuata dal Dipartimento del Commercio, ha evidenziato che gli Stati Uniti sono cresciuti più delle attese del mercato. Il pil USA è cresciuto del 2,5% rispetto all’1,7% stimato circa un mese fa. Gli analisti finanziari si aspettavano una crescita più bassa a +2,2%. Ora il risultato finale sarà comunicato a fine settembre. A contribuire al miglioramento del pil sono state le esportazioni (+8,6% a/a) e gli investimenti delle imprese (+9,9% a/a).
Le spese federali sono scese dello 0,9%, grazie ai tagli automatici alla spesa pubblica scattati a marzo e dovuti al sequester. Il processo di riduzione delle spese è ancora in corso. Leggero indebolimento della spesa per consumi, che comunque resta positiva. I consumi rappresentano circa due terzi del pil americano. In crescita poi i profitti delle aziende, +2,6% rispetto al primo trimestre dell’anno. L’andamento del pil era molto atteso dal mercato, in vista del prossimo meeting della FED del 17 e 18 settembre.
L’istituto monetario di Washington terrà decisamente conto di questo indicatore economico prima di decidere se avviare da subito il tapering, ovvero il ridimensionamento del piano di stimoli monetari da 85 miliardi di dollari al mese (noto anche come quantitative easing). Secondo molti analisti finanziari, il pil americano potrebbe accelerare nell’ultimo trimestre dell’anno a meno che non vi sia una prolungata battaglia sul tetto del debito tra democratici e repubblicani.
Sul forex il tasso di cambio euro-dollaro è sceso ieri fino a 1,3218 sui minimi delle ultime due settimane. Stamattina è in corso un lieve rimbalzo verso 1,3250, ma nelle prossime ore potrebbe esserci un nuovo approfondimento ribassista fino al test di area 1,32. Il cambio dollaro-yen è tornato sopra 98, ma ha trovato una solida resistenza a 98,50. Il cross sterlina-dollaro resta in area 1,55. Prese di beneficio sull’oro, che comunque trova supporto a 1.402 dollari l’oncia.
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