Fondo EFSF: Slovacchia sbatte la porta in faccia all’Europa

Nadia Fusar Poli

12/10/2011

Fondo EFSF: Slovacchia sbatte la porta in faccia all’Europa

SLOVACCHIA, FONDO EFSF. La Slovacchia ha votato Martedì sera contro il rafforzamento del Fondo europeo di stabilità finanziaria dei paesi della zona euro, rischiando così di aggravare la crisi del debito.

I parlamentari slovacchi hanno votato contro il rafforzamento del braccio armato dell’ Unione Monetaria, l’EFSF, progettato per far fronte alla crisi. Il parere negativo è il risultato delle divisioni all’interno della coalizione di governo.
Il movimento Libertà e Solidarietà (SaS), partito della maggioranza, ha infatti rifiutato di sostenere l’espansione del Fondo, privando di fatto la coalizione della maggioranza necessaria. Per l’approvazione erano necessari 76 “sì”, ma ne sono stati espressi solo 55. Il governo della Radicova si avvia verso la caduta.
Considerando che gli slovacchi sono troppo poveri per pagare gli errori degli altri, Richard Sulik, il leader del partito SaS, si è opposto all’EFSF, a meno che la Slovacchia non sia dispensata dal pagamento del proprio conto, eventualità già spazzata via da Bruxelles.
Il risultato di questa bocciatura dovrebbe logicamente portare al crollo del partito di centro-destra guidato da Iveta Radicova, del partito SDKU-DS che l’ aveva associato ad una mozione di fiducia per il suo gabinetto.
I leader dell’Unione europea hanno deciso il 21 luglio di dotare il Fondo EFSF di nuova potenza di fuoco, aumentandone significativamente la capacità di prestito. Una nuova copertura, fino a 440 miliardi di euro, che potrebbe essere utilizzata per ricapitalizzare le banche europee.

Ma per diventare efficaci, queste misure devono essere ratificate dai parlamenti di tutti i 17 paesi della zona euro. Sedici hanno già approvato questi cambiamenti - ha detto sì perfino la "piccola" Malta - . La Slovacchia è l’unico a rifiutarsi di ratificarli.
Bratislava aveva già rifiutato di partecipare al primo piano di aiuti alla Grecia deciso nella primavera del 2010. Rafforzare l’ EFSF rappresenterebbe, per questo piccolo paese entrato nella zona euro nel 2009, un contributo di 7,7 miliardi di euro.
Dato il rischio di paralisi, Bratislava ha sollevato la possibilità di un secondo voto parlamentare, in cui il Partito Social Democratico (Smer-SD) potrebbe sostenere il rafforzamento dell’ EFSF. Nessuna data è stata ancora fissata.

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La Commissione europea aveva messo pressione sulla Slovacchia, affermando di “sperare vivamente" in un voto positivo, necessario per contribuire ad assicurare "la stabilità della zona euro". L’unione monetaria non è affatto indigente. Ma dovrebbe tornare alla vecchia formula dell’ EFSF, con una capacità di prestito inferiore privato dei nuovi strumenti che dovrebbero arginare il contagio della crisi in paesi come Spagna e Italia.

Sino ad ora, le decisioni adottate il 21 luglio sono in parte obsolete. Jean-Claude Juncker, il presidente dell’Eurogruppo, ha infatti riconosciuto che le perdite che le banche creditrici in Grecia dovranno sopportare, saranno probabilmente maggiori del previsto. Le banche si erano infatti impegnate ad accettare un haircut del 21% del loro portafoglio di obbligazioni greche, al fine di alleviare Atene, soffocata da un debito che ammonta a quasi 350 miliardi di euro. Ma questa percentuale sembra ormai superata. Le discussioni si concentrano oggi su un haircut del 50%. Se questa soglia venisse raggiunta, la Grecia si avvierebbe verso un default di pagamento, paragonabile a quello dell’Argentina, nel 2001. In quella situazione, i creditori del paese, dovettero alla fine accettare una svalutazione di circa il 70% su un debito quattro volte inferiore a quello di Atene.

La Grecia, tuttavia, ha strappato alla troika, la squadra composta composta dai suoi creditori (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) la promessa del pagamento nel mese di novembre, della tranche da 8 miliardi di euro. Questo consentirà di evitare un collasso immediato permettendo di guadagnare tempo prezioso nelle trattative in corso trattative per ristrutturare il debito all’interno della zona euro.
Le paure che gravano sul sistema bancario hanno portato gli europei ad accettare la ricapitalizzazione delle banche.
La bocciatura slovacca giunge all’indomani delle parole di Trichet, il presdiente della BCE, che aveva avvertito del rischio di eventuali ritardi e tentennamenti: "Abbiamo i minuti contati, la crisi è diventata sistemica, nelle ultime tre settimane è peggiorata e le istituzioni devono agire senza ulteriori ritardi". Ed ancora, "La crisi peggiora, altri ritardi aggraveranno la situazione". Bruxelles cerca di stringere i tempi ed esorta i governi ad agire rapidamente. Ma qualcuno sembra voler mettere i bastoni tra le ruote.

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