L’ Editoriale del quotidiano inglese sul taglio dei tassi d’interesse. Secondo il FT, la BCE adesso dovrebbe agire più a fondo.
Per la seconda volta in 15 mesi, Mario Draghi ha mostrato la sua volontà di fare “qualunque cosa” per favorire la ripresa dell’eurozona. Echeggiando lo spirito che lo ha portato la scorsa estate a svelare il suo programma di illimitato acquisto di bond , il presidente della Banca Centrale Europea adesso taglia i tassi d’interesse allo 0.25%, minimo storico. Gli investitori che pensavano che la BCE avesse bisogno di un periodo più lungo di riflessione prima di agire, sono stati colti di sorpresa. I listini sono balzati in alto e l’euro è sceso al livello più basso da sette settimane.
Ma un’ ulteriore perdita di valore è prematura. Nonostante tutti i discorsi relativi ad una ripresa negli ultimi mesi, l’attività economica dell’eurozona rimane caratterizzata da una debolezza e da una disoccupazione, in particolare nei paesi più colpiti dalla crisi, ostinatamente alte. Semmai la BCE avrebbe dovuto agire prima. In ogni caso, bisogna sottolineare che l’opposizione politica della Germania a un nuovo stimolo economico è stata fortissima. Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, giovedì ha votato contro il taglio dei tassi.
Draghi ha avuto ragione a fronteggiare la Bundesbank stavolta. Un taglio dei tassi è coerente con il mandato della BCE che stabilisce che la banca centrale dovrebbe tenere l’inflazione intorno al 2%. In ottobre i prezzi sono saliti di un mero 0,7%. L’eurozona è entrata in un periodo di disinflazione. Il che è preoccupante. Consumatori e imprese hanno poche ragioni per spendere il loro denaro oggi se sanno già che il prezzo domani non sarà molto più alto. Un po’ d’inflazione è anche un metodo a costo zero per ridurre il debito pubblico.
Bisogna fare attenzione però a quale risultato un taglio dei tassi possa raggiungere. Il sistema monetario dell’eurozona rimane intasato, dal momento che le banche, in paesi come Spagna e Italia, rifiutano di trasferire i tassi sui consumi. Anche la domanda di nuovi prestiti è debole dato che gli istituti bancari, nelle Nazioni più colpite dalla crisi continuano a fronteggiare una domanda domestica molto lenta. La BCE dovrebbe essere pronta a fare ancora di più. La domanda è: quali misure sarebbero più efficaci?
Un’opzione potrebbe essere quella di stabilire un tasso d’interesse negativo sulla valuta che i prestatori piazzassero insieme alla banca centrale. Questo agirebbe come una tassa sulle riserve e potrebbe incoraggiare le banche a concedere più prestiti. La BCE è pronta a contemplare un passo senza precedenti.
Un’altra mossa utile potrebbe essere quella di lanciare una nuovo round di prestiti economici alle banche dell’eurozona ad un tasso fissato ed estremamente basso – anche se questo potrebbe causare alcuni problemi. La preoccupazione riguarda in particolare il fatto che gli istituti potrebbero utilizzare questi fondi semplicemente per comprare titoli di Stato, cosa che le banche italiane e spagnole hanno già fatto in passato. La BCE dovrebbe quindi pensare ad un modo per legare questi fondi extra ai requisiti che le banche dovrebbero garantire nel loro libro prestiti. Questo metterebbe il denaro direttamente nelle tasche di chi ne ha bisogno.
Il modo migliore per riparare il meccanismo di trasmissione monetaria dell’eurozona sarebbe comunque quello di assicurarsi che le banche fossero correttamente capitalizzate, così da essere nella posizione di concedere nuovi prestiti. Questo è il motivo per cui l’imminente revisione del sistema bancario dell’eurozona è così importante. I Governi devono dare a Francoforte la copertura politica di cui hanno bisogno per fare il loro lavoro nella maniera giusta.
Infine, politici e istituzioni europee non devono aspettare che la BCE rivitalizzi magicamente la valuta europea. La Commissione Europea ha visto un senso nell’ammorbidimento della sua ossessione nei confronti di un irraggiungibile target del deficit. Ma Bruxelles ha fatto troppi pochi progressi nell’indirizzare la sfortuna dell’eurozona – e i suoi grandi e persistenti squilibri.
La Germania dovrebbe essere obbligata a rilassare la sua politica fiscale o a lasciare che i salari salgano più velocemente. Purtroppo, alcuni ribilanciamenti interni rimangano politicamente poco plausibili. Si potrebbe fare molto di più di un semplice taglio dei tassi.
Traduzione libera a cura di Vittoria Patanè. Fonte: Financial Times
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