Momento positivo per la moneta unica sui mercati valutari. A sostenere le quotazioni dell’euro è il miglioramento del sentiment degli investitori, le minori preoccupazioni per la deflazione nell’eurozona e per il rischio contagio dai mercati emergenti. Sul forex il tasso di cambio euro/dollaro è salito in area 1,3680, avvicinandosi sempre più alla resistenza di 1,37. Negli ultimi giorni i prezzi sono riusciti a tenere bene l’area di supporto di 1,3480, per poi salire con decisione sopra 1,36 dopo che Mario Draghi ha allontanato ancora una volta il potenziale rischio di deflazione nell’eurozona, affermando che è in corso soltanto uno scenario di bassa inflazione.
Anche la Bundesbank ritiene che i rischi di una deflazione in stile giapponese anni ’90 sia da escludere nell’area euro. Più critico su questo aspetto si è dimostrato il Fondo Monetario Internazionale, che vede potenziali rischi deflattivi nel Vecchio Continente. Secondo Patrice Gautry, chief economist per Union Bancaire Privée (UBP), il calo dei prezzi di inizio anno evidenzia una strana discordanza tra l’andamento dell’inflazione e quello del ciclo economico. Infatti, i paesi sviluppati stanno sperimentando bassa inflazione con un quadro macroeconomico in sensibile miglioramento, mentre i paesi emergenti stanno evidenziando una crescita dei prezzi nonostante la fase di rallentamento.
Secondo Gautry la situazione dovrebbe cambiare a partire dal 2015, in quanto le politiche monetarie e fiscali attuate in Europa dovrebbero iniziare a dare i propri frutti solo dopo un arco di tempo più o meno lungo. L’esperto di UBP è convinto che “oggi i timori riguardo alla deflazione sono inappropriati”, anche se la BCE dovrebbe fronteggiare il rischio di caduta dell’inflazione abbassando ancora i tassi di interesse oppure effettuando iniezioni di liquidità (ad esempio con le aste LTRO già lanciate tra fine 2011 e inizio 2012). Non viene avvertito alcun rischio per l’area euro anche se si parla di mercati emergenti, che stanno attraversando una fase economico-finanziaria difficile a seguito dell’avvio del tapering negli Stati Uniti.
Secondo Pierre Olivier Beffy, chief economist per Exane Bnp Paribas, i paesi sviluppati – come quelli appartenenti all’area euro – non corrono rischi di contagio dalla crisi degli emergenti, in quanto l’export verso questi paesi è tutto sommato limitato e perché le economie emergenti più deboli hanno un’incidenza di appena il 10% sul pil globale. L’esperto della banca d’affari francese ricorda che le banche europee non sono molto esposte sui mercati emergenti più in crisi. Inoltre, nel breve termine il deprezzamento delle valute esotiche aumenta il potere d’acquisto dei consumatori dei paesi maggiormente sviluppati.
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