Eugenio Montale, chi è e parafrasi de “L’agave sullo Scoglio” (Ossi di Seppia)

Isabella Policarpio

26/03/2019

26/03/2019 - 10:14

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Eugenio Montale, parafrasi, commento ed analisi del testo de “L’agave sullo scoglio” dalla raccolta di poesie “Ossi di Seppia” del 1925.

Eugenio Montale, chi è e parafrasi de “L’agave sullo Scoglio” (Ossi di Seppia)

La prima traccia della simulazione dell’esame di maturità 2019 riguarda la poesia di Eugenio Montale “L’agave sullo scoglio”, parafrasi, commento ed analisi del testo.

La poesia è tratta dalla raccolta “Ossi di Seppia”, del 1925, nella quale Montale esprime la sua angoscia nei confronti della fugacità della vita.

Di seguito, il testo della poesia, la parafrasi, il commento e l’analisi del testo, con la risposta ad ognuna delle cinque domande della prova scritta.

L’agave sullo Scoglio (Ossi di Seppia)

O rabido ventare di scirocco
che l’arsiccio terreno gialloverde
bruci;
e su nel cielo pieno
di smorte luci
trapassa qualche biocco
di nuvola, e si perde.
Ore perplesse, brividi
d’una vita che fugge
come acqua tra le dita;
inafferrati eventi,
luci-ombre, commovimenti
delle cose malferme della terra;
oh aride ali dell’aria
ora son io
l’agave che s’abbarbica al crepaccio
dello scoglio
e sfugge al mare da le braccia d’alghe
che spalanca ampie gole e abbranca rocce;
e nel fermento
d’ogni essenza, coi miei racchiusi bocci
che non sanno più esplodere oggi sento
la mia immobilità come un tormento.

Parafrasi

O furioso vento di scirocco, che bruci il secco terreno color giallo-verde; e nel cielo pieno di luci smorzate passa qualche fiocco di nuvola e si disperde.

Ore dubbiose, brividi di una vita che sfugge come acqua fra le dita; eventi che non si riescono a capire, chiaroscuri, turbamenti delle cose che sono incerte sulla terra

O aride ali dell’aria, adesso sono io ad essere come l’agave che si aggrappa al crepaccio dello scoglio e sfugge al mare che ha braccia fatte di alghe e che spalanca crepacci e ricopre le rocce;

e mentre tutto il mondo freme, con i miei boccioli che non sanno più aprirsi, oggi percepisco la mia immobilità come se fosse un tormento.

Commento

La lirica, tratta dalla raccolta di poesie “Ossi di Seppia” (1925) è dedicata ad un agave, pianta grassa che cresce sulle pareti rocciose a ridosso del mare, nel quale il Poeta si impersonifica.

La poesia è interamente incentrata nella descrizione di un paesaggio marino che allude alla vita, con i suoi venti e tormenti (nuvole, vento, mare), contrapposta all’agave che, nonostante i turbamenti, resta nella sua immobilità aggrappata alla roccia.

Il quadro che Montale delinea è pieno di angoscia: le nubi, i venti e le onde rappresentano la fugacità dell’esistenza, incomprensibile all’uomo mentre la staticità della pianta grassa non è altro che una metafora dell’impotenza dell’uomo nei confronti degli eventi: l’uomo resta attaccato alle poche certezze della vita come l’agave alla roccia; si tratta di una lotta alla sopravvivenza, l’agave cerca di resistere alla siccità, alle mareggiate, ai venti, l’uomo ai dolori e alle delusioni della vita.

Dunque, nonostante l’apparente serenità del paesaggio marittimo, la poesia esprime l’angoscia dell’immobilità umana. I fiori dell’agave, così come i sogni di Montale e dell’uomo in generale, fanno fatica a sbocciare. Ed in questo modo fugace non resta che sopravvivere.

Comprensione e analisi

1) Individua i temi fondamentali della poesia, tenendo ben presente il titolo.

L’Agave sullo scoglio ha come tema principale la fugacità della vita, nella quale l’uomo, esattamente come pianta grassa, non può fare altro che aggrapparsi alle poche certezze che ha come l’agave sulla roccia.

La descrizione della condizione umana avviene attraverso un raffinato parallelismo con i fenomeni atmosferici, il vento, le onde, la siccità, ma lo scenario marino non è sinonimo di serenità bensì di angoscia. Anche sognare diventa difficile: infatti, come i fiori dell’agave fanno fatica a sbocciare così i sogni del poeta - e di tutti gli uomini - faticano a diventare realtà.

2) Quale stato d’animo del poeta esprime l’invocazione che apre la poesia?

Un senso di angoscia ed impotenza. Lo scirocco è un vento caldo e sembra “essiccare” le speranze e le aspirazioni dell’uomo.

3) Nella lirica si realizza una fusione originale tra descrizione del paesaggio marino e meditazione esistenziale. Individua con quali soluzioni espressive il poeta ottiene questo risultato.

Il parallelismo tra paesaggio marino e condizione umana-esistenziale avviene attraverso diverse espressioni: innanzitutto “la vita sfugge come acqua tra le dita” ad indicare la fugacità della vita e l’impotenza dell’uomo di cambiare la sua condizione; segue “spalanca ampie gole” riferito al mare, che con il suo gioco di onde fa sprofondare i sogni umani, rendendo la vita una lotta continua.

Oltre alle immagini marini vi sono quelle del vento, un arido scirocco che secca l’aria e rende rarefatta la vita; le nubi, il cui corso inesorabile racchiude l’impossibilità dell’uomo di contrastare gli eventi; le “smorte luci” che contribuiscono a creare l’atmosfera di angoscia che regna in tutta la lirica.

4) La poesia è ricca di sonorità. Attraverso quali accorgimenti metrici, ritmici e fonici il poeta crea un effetto di disarmonia che esprime la sua condizione esistenziale?

Tutta la poesia è dominata dall’alternanza tra consonanti vibranti ( r) e consonanti liquide ( l ) che esprimono l’andamento oscillante della vita tra cielo e terra.

I momenti salienti e le immagini più importanti vengono enfatizzate mediante assonanze e dissonanze e alcune volte il verso è costituito da una sola parola ( “bruci) o da un gruppo di poche parole, isolate rispetto alle altre, che danno al testo una metrica oscillante e ballerina, come le onde del mare che si infrangono sugli scogli.

5) La lirica è percorsa da una serie di opposizioni spaziali: alto/basso; finito/infinito; statico/dinamico. Come sono rappresentate e che cosa esprimono?

Costante nella lirica il passaggio repentino tra alto e basso. Così Montale passa dalla descrizione del cielo, delle nubi e del vento a quella dell’agave, statica sulla roccia marina. Vi è poi un riferimento alle “gole” che porta il lettore ancora più in basso, per poi tornare in alto sulle rocce.

Questo passaggio repentino tra alto e basso, cielo e terra, terra e mare, non fa altro che aumentare lo stato di angoscia in quanto aumenta il divario tra ciò che è in alto, il cielo, le nubi ed il vento, entità incontrollabili, e ciò che in basso, dove la siccità rende la vita arida, immobile e senza speranza.

Eugenio Montale, chi è? Breve biografia

Eugenio Montale nasce a Genova il 12 ottobre 1896 da una famiglia benestante. Già da ragazzino aveva un carattere meditativo ed introspettivo, anche a causa di numerosi problemi di salute che lo portavano spesso ad allontanarsi dalla famiglia.

Dopo la prima guerra mondiale, Montale si avvicina il mondo intellettuale ligure e pubblica la prima raccolta di poesia nel 1925, Ossi di seppia, che avrà un grande successo. In questi anni Montale si dichiara un fermo oppositore del fascismo.

Dal 1927 si trasferisce a Firenze, dove viene dato grande impulso alla sua produzione poetica, ma, a causa del regime fascista, nel 1938 è costretto ad abbandonare gli incarichi culturali.

Nuovo impronta alla sua produzione avviene del 1948, quando si trasferisce a Milano ed inizia una collaborazione con il Corriere della Sera . Per questo giornale scrive reportage di viaggio, critiche letterarie e ovviamente vati tipi di articoli molto importanti. Contemporaneamente pubblica altre poesie e la sua opera è tanto amata che nel 1975 gli viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura. Muore il 12 settembre 1981 a Milano.

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