Barack Obama vola nei sondaggi: la convention democratica di Charlotte ha dato i suoi frutti. Se fino a venerdì, Obama era ancora sotto Romney (ma di poco), adesso sembra avere preso il largo e ristabilito il vantaggio che lo separava dal suo avversario in questa estate. Lo rivelano gli ultimissimi sondaggi, ma anche le numerose preoccupazioni dello staff elettorale di Mitt Romney.
Obama stravince la battaglia delle convention
Non sono state sufficienti le perplessità sul suo ultimo discorso, da molti considerato largamente al di sotto le aspettative, e neppure i deludenti dati relativi all’occupazione americana, elemento che nel weekend ha tenuto banco negli Stati Uniti, dove il presidente Obama è stato messo alla gogna. Saranno forse tornate alla mente le parole di Bill Clinton, che rivelava che nessun presidente è arrivato alla Casa Bianca con una situazione, peraltro creata dai repubblicani, così critica da risolvere in soli 4 anni. Fatto sta che Obama è sempre primo e che le previsioni, al momento, lo danno vincente.
E intanto la campagna promozional-pubblicitaria dello staff democratico, non si ferma di certo: spopola sul web e sui principali organi d’informazione, telematici e non, una foto piuttosto emblematica dell’appeal straordinario che Obama riflette sulla gente: l’abbraccio di un gestore di una pizzeria, noto per aver stabilito un record di donazioni del sangue, all’attuale presidente: Scott Van Duzer, proprietario del Big Apple Pizza & Pasta Italian Restaurant, ha infatti abbracciato Barack Obama che era andato a trovarlo per complimentarsi con lui, sollevandolo letteralmente da terra. A favore dell’immagine, gioca un ruolo importante anche la storia di quest’uomo dal cuore (e dal bicipite) grande: un repubblicano che 4 anni fa votò Obama e che rinnoverà la sua scelta democratica anche il 6 novembre, una scelta basata più sul presidente con cui si trova più a suo agio che su un’ideologia politica.
Il ritorno alle ideologie politiche
Eppure quella che stiamo vivendo è una delle battaglie più ideologiche della storia delle campagne elettorali presidenziali statunitensi. Sì, perché i repubblicani hanno promosso l’idea super-americana del self-made-man, spingendo l’acceleratore sulla religione (anche per contrastare la fede mormone di Romney) e sul ritorno in una posizione di primo piano in politica estera.
Dio è tornato nei discorsi repubblicani anche per avvicinare l’elettorato cattolico, da sempre un motore propulsore per decidere le sorti della Casa Bianca: "Io non toglierò mai Dio dal nostro programma", ha affermato Romney accanto a un noto predicatore evangelico. "Non toglierò mai Dio dal mio cuore. Noi siamo una nazione nobilitata da Dio". E non è mancata anche un’accusa a Obama, reo, secondo Romney, di voler togliere la frase "In God We Trust" sulle banconote americane.
Difficile però che gli swings States, ovvero gli Stati incerti, si facciano convincere da queste ultime parole: anche perché tutti, o quasi tutti, ormai stanno voltando le spalle ai repubblicani per abbracciare il nuovo corso di Obama.
Qual è il programma di Obama?
Ma nuovo corso fino a che punto? Se lo chiede David Brooks, opinionista del New York Times, incapace di trovare negli innumerevoli discorsi alla convention di Charlotte qualche programma futuro chiaro e ben delineato. Secondo Brooks, la campagna democratica si è basata prevalentemente su una parola chiave che non corrispondeva né a "hope" (speranza), né a "change" (cambiare), bensì a "fear", paura. La paura dell’altro, ulteriore leit motiv dell’essere americano, e più nel dettaglio, la paura che al potere salgano i repubblicani, con il loro carico di minacce e l’eventuale stato di regressione in cui ricadrebbero gli Stati Uniti qualora Romney fosse rieletto.
In realtà il programma di Obama c’è stato, ma in egual modo a quello promesso da Romney, non sono stati chiariti i modi e le maniere per finalizzare tutti gli obiettivi. Incentivi all’istruzione, raddoppio dell’esportazioni, aumento dei posti di lavoro, agevolazioni fiscali per la classe media. Preservare lo stato sociale e penalizzare i ricchi. Tutto il contrario dei repubblicani, che "vogliono tagliare il deficit di 5.000 miliardi di dollari, ma a scapito solo della classe media e dei più poveri, al fine di alleggerire la pressione fiscale sui più ricchi".
Parola di Obama.
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