Elezioni Olanda 2017: Wilders e i populisti del PVV possono vincere le elezioni, ma il rischio è che non possano governare. Ecco perché e gli scenari possibili.
Elezioni Olanda 2017: il prossimo 15 marzo gli olandesi saranno chiamati a eleggere il nuovo Parlamento. I sondaggi danno i populisti del PVV (Partito per la Libertà) guidato da Geert Wilders vincenti con il 22/23% dei voti. La vittoria di Wilders sancirebbe l’impietosa sconfitta del conservatorismo e della social-democrazia olandesi, quindi dell’establishment che governa il Paese dal 2012.
Secondo Servaas Storm, economista dell’Institute for New Economic Thinking, ciò che ha reso quella di Wilders una parabola ascendente nel panorama politico olandese è senz’altro la miopia con la quale l’establishment di governo, sintetizzato nella figura del Primo ministro Mark Rutte, ha sottovalutato l’impatto dell’austerità fiscale sull’armonia sociale.
Le politiche promosse del governo Rutte - encomiato a più riprese dall’UE per lo zelo mostrato nel consolidare le finanze pubbliche in seguito alla crisi del 2008 - se da un lato hanno corroborato la posizione macroeconomica dell’Olanda, dall’altro hanno operato uno strappo profondo nel tessuto sociale. Uno strappo che Wilders propone di ricucire attraverso due provvedimenti estremi:
- uscita dall’euro;
- chiusura delle frontiere.
Le proiezioni danno Wilders e i populisti del PVV vincenti alle elezioni del 15 marzo. Tuttavia, rammenta Storm, senza il sostegno di una coalizione di partiti - verosimilmente i conservatori del VVD (Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia) e i social-democratici del PVDA (Partito del Lavoro) - l’esperienza al governo del PVV di Wilders è pregiudicata in partenza.
Elezioni Olanda 2017: quale scenari con la vittoria di Wilders?
Con le elezioni del 15 marzo prossimo, gli olandesi sono chiamati ad eleggere il nuovo Parlamento e con esso il futuro governo. Da settimane i sondaggi danno vincente la compagine populista guidata da Geert Wilders, figura di spicco, insieme alla francese Marine Le Pen, della neo-famiglia populista nord-europea (i cui tratti somatici non sono per definizione ascrivibili a nessuna delle famiglie politiche europee tradizionali).
Wilders, come altri leader europei nati politicamente sulle maceria della crisi economica del 2008, propugna una serie di iniziative politiche che hanno nel superamento dell’UE e nella rimozione dei vincoli che da questa derivano, in primis l’euro, la principale fonte d’ispirazione. Servaas Storm, economista dell’Institute for New Economic Thinking, compendia l’offerta politica di Wilders in tre punti - tutti, in un modo o nell’altro, riconducibili all’appartenenza dell’Olanda all’UE:
- “arrestare” l’immigrazione: il principio contestato è quello Schengen;
- “combattere” l’Islamizzazione dell’Europa;
- “liberare” gli olandesi dall’UE, vista come una camicia di forza per l’energia nazionale.
Naturalmente, in condizioni di normalità politica o di espansione economica, figure come quella di Wilders tendono ad essere sovrastate, o riposte agli angoli del gioco politico, dalle famiglie politiche tradizionali, generalmente filo-europeiste. Ciò che l’analisi di Storm illustra chiaramente è che nonostante l’economia olandese da anni viaggi in territorio positivo, il malcontento sociale tra gli olandesi è aumentato considerevolmente negli ultimi anni.
Stando agli indicatori macroeconomici l’economia olandese appare solida, anzi, solidissima. La crescita è positiva, il tasso di disoccupazione è stabile intorno al 5%, la bilancia commerciale, manco a dirlo, è in surplus (9%), il debito pubblico e il deficit sono in linea con i mitologici parametri di Maastricht. Risultati che fanno dell’Olanda un successo conclamato dell’Integrazione europea.
Tuttavia, il successo macroeconomico olandese poggia sulle sabbie mobili del consolidamento fiscale promosso dal governo Rutte, in carica dal 2012, sul piano microeconomico. Storm ritiene che l’ascesa di Wilders dipenda in buona sostanza da tre fattori direttamente connessi all’opera del governo Rutte:
- austerità fiscale;
- liberalizzazione del mercato del lavoro;
- (neo) liberalizzazione commerciale.
Per rilanciare l’economia dopo le prestazioni anemiche registrate dall’Olanda in seguito al calo della domanda in tutta Europa, il governo Rutte ha promosso un piano di consolidamento fiscale volto a diminuire al contempo il deficit e la spesa pubblica, col risultato che fasce considerevoli della popolazione si sono viste negare dal governo l’accesso ai benefici dello stato sociale - quello olandese è tra i più rinomati al mondo. La Banca centrale olandese ritiene che dallo scoppio della crisi, complice il continuo aggiustamento interno promosso dal governo Rutte per rilanciare la competitività e l’export, la disoccupazione abbia raggiunto il livello record del 16%. Un dato, dice Storm, che i media e il governo tendono a nascondere.
L’aumento del malcontento sociale connesso alle politiche pro-cicliche del governo Rutte (va detto, inevitabili in un contesto come quello dell’eurozona) ha spianato la strada a Wilders e all’odio atavico su base razziale - la riduzione dei salari ha mutato la sociologia del lavoro e molte delle mansioni tradizionali sono oggi, in Olanda come in tutta Europa, appannaggio esclusivo degli immigrati.
Tuttavia, sebbene i sondaggi diano Wilders vincente alle elezioni del 15 marzo, la probabilità che governi da solo è del tutto remota. I consensi intorno ai populisti del PVV sono intorno al 22/23% dei voti, troppo poco per formare un governo. In primo luogo, ricorda Storm, il sistema politico olandese è assai “frammentato” (sistema proporzionale con soglia di sbarramento posta allo 0,67% dei voti) e i governi di coalizione sono la regola, non l’eccezione. Si prospettano, nel caso Wilders vincesse, due possibilità:
- la prima, inverosimile (anche se l’esperienza di Syriza insegna), è che Wilders, pur di governare, accetti di abbandonare ogni velleità nazionalista e euro-revisionista in nome “dell’unità nazionale”;
- la seconda, verosimile, è che l’esperienza di Wilders ai vertici della politica olandese si apra con una crisi di governo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA