Paul Krugman ha parlato delle elezioni italiane come il primo vero referendum sull’austerity. E dai risultati che sono emersi, è ben lecito affermare che dal voto italiano l’austerità è uscita tremendamente sconfitta. Mentre tutti gli opinionisti e gli analisti lanciano l’allarme relativo all’instabilità di governo e all’infusione di terrore nei mercati, in pochi parlano del fatto che ben il 57% degli elettori italiani abbia votato partiti anti-austerity. E che il tasso di astensionismo è stato elevatissimo, raggiungendo la quota di circa il 25%. A cui si aggiunge il 25% che ha votato Movimento 5 Stelle. In pratica 1 italiano su 2 ha lanciato un forte messaggio di protesta, dimostrando la propria sfiducia nelle istituzioni e denunciando una urgente necessità di cambiamento. Il che si traduce non solo in un "No all’austerity", ma anche in qualcosa di molto più complesso e che potrebbe estendersi in tutta Europa.
La fallibilità dei sondaggi
L’Italia è ingovernabile, ma lo è dal 1945 a ben vedere. La crisi economica, le manovre lacrime e sangue e i diktat imposti dai vertici europei, oltre agli scandali della politica nostrana, ha convinto gli elettori italiani ad allontanarsi da quella sfera e a cercare alternative. E mentre in molti scrivono che i grandi sconfitti sono i sondaggi, è interessante vedere la situazione da un altro punto di vista. Sì, è vero che i sondaggi hanno sottostimato Grillo, sottovalutato Berlusconi e sopravvalutato il PD. Ma è altrettanto vero che molti sondaggi, sui quali si ribadisce spesso che lasciano il tempo che trovano, hanno affermato negli ultimi giorni prima dell’embargo un calo del Partito Democratico, una lieve rinascita di Berlusconi e una crescita di Beppe Grillo in seguito allo Tsunami Tour.
Le colpe del PD
Il PD si è adagiato sugli allori delle primarie, ha sottovalutato la delusione dei renziani ed è rimasto "immobile" sulle sue posizioni, senza provare colpi di scena. A volte è stato perfino accusato (e forse a ragione) di comportarsi già come fosse all’opposizione, il che di certo non ha contribuito ad aumentare la fiducia dell’elettorato. E già ieri sera, all’interno dell’elettorato di Centrosinistra, c’era già chi si rimproverava di non aver votato Renzi alle primarie e chi strepitava affermando di non aver potuto votare Renzi per il complesso meccanismo di voto imposto dai vertici alti del PD.
Il Movimento 5 Stelle travolge Monti
Molti elettori ex-PD hanno dunque deciso di spostarsi su altri fronti, come su Ingroia e, soprattutto, il Movimento 5 Stelle, che ha beneficiato anche dei delusi da Fare, il movimento di Oscar Giannino, e dalla rabbia e dall’indignazione sempre più crescente degli elettori.
E mentre da più parti si riparla di un ritorno al voto, i mercati, com’era facile da prevedere, hanno accusato fortemente il colpo. Ma dei mercati gli elettori non hanno avuto cura: anche sotto questo aspetto deve essere giudicato il colossale flop di Mario Monti, che piace agli europei ma non agli italiani. La caduta di Mario Monti è paradigmatica per affermare come gli italiani siano stanchi delle politiche europee e di come vorrebbero cambiare rotta, sperando in un ripensamento (che mai avviene) da parte dei vertici riguardo le misure di austerity.
Quello che ha vinto, dunque, è stato il "NO": no alla vecchia politica, no all’austerity, no all’Europa. Un voto incosciente? Forse, ma sicuramente coerente con il delicato momento italiano e con la confusa e prostrata mentalità degli elettori.
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