Dal The Economist, la traduzione del pungente editoriale che da la copertina al numero di questa settimana della rivista economica più famosa al mondo.
"Che entrino i Clown. Come Beppe Grillo e Silvio Berlusconi minacciano il futuro dell’Italia e dell’Euro" si legge sulla copertina del The Economist, dove accanto alla figura dei politici, compare un’irriverente identikit dei due.
|Identikit|Grillo|Berlusconi|
|Età|64|76 (esclusi i capelli)|
|Standing|Comico|Primo ministro orizzontale|
|Economicamente è|Un novizio|Una tragedia|
|Linea politica|Tutti i politici sono corrotti|Vieni a casa mia e...porta un amico|
|Vuole|Sospendere il pagamento del debito|Rimanere fuori dal carcere|
Che entrino i clown
Nelle avversità, il senso dello humor è piacevole, ma inutile. Dovendosi confrontare con la peggiore recessione del paese dal 1930 e la possibile implosione della moneta unica Europea, gli Italiani hanno scelto di evitare la realtà. Alle elezioni di questa settimana, un quarto dell’elettorato (record dal dopo-guerra) non si è nemmeno preso la briga di presentarsi alle urne.
Di quelli che invece ci sono andati, circa il 30% ha appoggiato Berlusconi, le cui rovinose politiche come Primo Ministro Clownesco sono una delle principali cause dei problemi economici dell’Italia. Un altro 25% ha votato per il Movimento 5 Stelle, guidato da un autentico attore comico, Beppe Grillo. Per contro, Mario Monti, il tecnocrate votato alle riforme che ha guidato il paese negli ultimi 15 mesi e che ha risanato la credibilità del Paese, ha ottenuto il 10% dei consensi elettorali.
Il risultato è disastroso per l’Italia e per l’Europa. A Roma, la coalizione di centro sinistra, primeggiata da Pier Luigi Bersani, dato per favorito prima delle elezioni, ma che ha ottenuto una manciata di voti in più rispetto a Berlusconi, ora combatte per formare un governo che difficilmente sarà stabile e duraturo. Nel frattempo, i mercati finanziari sono in balia delle news. Le azioni crollano quasi ovunque, i tassi sulle obbligazioni si impennano, ma non in Germania. Tutto riporta la crisi dell’Euro al centro della scena.
Rottura dell’Euro?
In effetti, il pericolo di rottura è inferiore a quello di stagnazione. Questa, concluderà la storia, è la settimana in cui gli Europei hanno chiarito di non essere interessati alle riforme. Nove mesi dopo che la Francia è fuggita dal cambiamento, gli Italiani hanno fatto uno scatto in avanti.
Circa due terzi degli elettori hanno rifiutato non soltanto l’austerity imposta dalla Germania, ma l’intera agenda di riforme disegnata per recuperare il triste record dell’economia e la crescita pari allo zero. E’ stato scelto di seguire il cammino che porta alla paralisi economica e al declino politico che ha caratterizzato gli ultimi 20 anni del Giappone.
L’Eurozona come il Giappone
Il risultato delle elezioni ricorda vagamente l’ultima occasione in cui il centro-sinistra ha guidato il Paese, nel 2006. Allora, un’instabile coalizione guidata da Romano Prodi è crollata dopo soli due anni.
Bersani potrebbe provare a formare una "grande coalizione" mettendo insieme gli elementi del centro-destra e quelli del centro-sinistra, dunque con Berlusconi. Bersani potrebbe fare meglio pensando di formare il governo con una minoranza come quella di Monti sostenuta, dall’esterno, dal M5S. I "grillini", deputati e senatori del M5S, decideranno se essere prettamente negativi, tentando di sovvertire l’intero ordine politico, o se essere responsabili e supportare riforme sensate.
A complicare le cose, il nuovo parlamento dovrà sostituire il Presidente della Repubblica. Al momento, sembra che il candidato a sostituire Giorgio Napolitano sia l’ex ministro Giuliano Amato. Ma chiunque venga scelto, e qualsiasi governo verrà messo insieme, l’Italia dovrà combattere per non dover tornare al voto già quest’anno. Sarebbe meglio che le elezioni fossero indette con nuovi personaggi politici e con un nuovo sistema elettorale, che renda meno probabile l’ingorgo politico cui assistiamo oggi.
Economia stagnante
Allo stesso tempo, ci si preoccupa del mancato progresso con le riforme, disperatamente necessarie a far rivivere l’economia ormai asfissiata. Non fare nulla, come gli elettori sembrano volere, non è la risposta ai problemi del paese. Il PIL pro capite è sceso nei primi 13 anni dell’esistenza dell’Euro, come gridano gli euro-scettici. Ma la causa è l’aumento, anno dopo anno, dei costi del lavoro e il crollo della produttività che hanno minato la competitività e l’export italiano. Se il governo Italiano non può riconquistare la competitività e rinvigorire la crescita con maggiori liberalizzazioni e riforme del sistema del welfare, allora l’economia soffrirà e la disoccupazione giovanile supererà i livelli attuali del 36%.
Italia: troppo grande per fallire?
Questo è pericoloso. E’ difficile immaginare che l’Italia rimanga nella moneta unica in queste condizioni, ed è altrettanto difficile immaginare come possa sopravvivere l’Euro se l’Italia lasciasse.
L’Italia è la terza economia dell’Eurozona e, sebbene il deficit in bilancio sia ridotto, il debito pubblico è il più grande (circa 130% del PIL). Questo rende l’Italia troppo grande da salvare.
Ma senza crescita, l’Italia non sarà in grado di pagare il debito. Lo schema potrebbe essere anche chiaro: una serie di meeting internazionali sulla crisi, qualche sforzo a malincuore da parte della Cancelliera Merkel, crescita insufficiente, troppa austerity, una nuova crisi. L’Euro sopravvive, ma ad un prezzo enorme; l’Eurozona diventa come il Giappone.
Alternative
Non deve per forza andare così. Le convulsioni politiche in Italia sottolineano la necessità con cui la Merkel dovrebbe rivedere la propria ricetta. Fino ad oggi è stata molta austerity e qualche riforma; oggi dovrebbe essere il contrario.
La recessione profonda e la disoccupazione in aumento tra i paesi del Mediterraneo stanno dando origine ad una rivolta popolare. Le riforme strutturali continuano ad essere vitali se i paesi del Sud vogliono riguadagnare la competitività e riattizzare la crescita. Ma, data la risposta degli elettori e vista la mole della recessione, la pressione perché si continui con l’austerity dovrebbe diminuire adesso.
Molti paesi, la Francia ne è l’esempio lampante, non raggiungeranno il target sul deficit di bilancio quest’anno. La Commissione Europea dovrebbe accettarlo se i paesi hanno comunque portato avanti le riforme. E i paesi del Nord dell’Eurozona, specie la Germania, dovrebbero essere più pronti a stimolare la domanda aumentando le spese e intervenendo sui costi delle tasse.
Avanti i clown
L’ironia è che entrambi i clown in Italia dicono una cosa giusta.
Grillo ha ragione quando grida contro l’eccesso di corruzione dei politici ultra-pagati. Berlusconi ha ragione quando dice che da sola, l’austerity non risolverà la crisi. Tuttavia, ciò non significa che gli italiani possono sfuggire a questa situazione. La realtà li raggiungerà prima o poi e, qualsiasi cosa dicano i clown, non sarà affatto divertente.
| Traduzione a cura di Federica Agostini | Fonte: The Economist |
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