E’ appropriazione indebita se il commercialista non restituisce la contabilità al cliente

Federico Migliorini

9 Febbraio 2015 - 23:13

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E’ reato di appropriazione indebita il rifiuto del Commercialista di restituire la documentazione contabile richiesta dal suo cliente.

E’ appropriazione indebita se il commercialista non restituisce la contabilità al cliente

Il comportamento non corretto del professionista, che ritarda o nega la contabilità richiesta dal proprio cliente, in alcuni casi può avere anche rilevanza penale, oltre che puramente disciplinare. A tali conclusioni, è giunta la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18027 depositata il 30 aprile 2014.

La controversia
Il caso è quello di un Commercialista che, in possesso della contabilità di un suo assistito, non aveva risposto all’invito di questi volto alla restituzione dei documenti, trattenendoli ancora presso di sé. In tale condotta, i giudici della Corte hanno rilevato il delitto di appropriazione indebita – punibile con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a €. 1.032 - in quanto il comportamento del professionista è stato teso a procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, appropriandosi di documenti contabili altrui. Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata e si procede d’ufficio e non a querela della persona offesa.

Le considerazioni della Corte
Questo tema, ormai ampiamente dibattuto ha sempre creato non poche perplessità e problematicità connesse al considerazione che se la riconsegna di quanto ottenuto dal cliente fosse confinabile esclusivamente al piano deontologico-professionale, od anche ad un piano di responsabilità civile o penale. In questo caso, invece, vi è una chiara evoluzione di un indirizzo che porta il rapporto tra professionista fiscale e contribuente, anche su una sfera penale. In questi termini i giudici della Cassazione hanno ritenuto che si integri il reato di appropriazione indebita se il professionista si rifiuta di restituire al proprio cliente la documentazione ricevuta, in quanto si tratta di un comportamento che eccede i limiti del possesso. L’inerzia a seguito di sollecitazione o, addirittura, la risposta di non avere intenzione di effettuare la restituzione, integrano il reato, diversamente impalpabile e privo di riscontri utili sul piano probatorio.

A nulla sono valsi i motivi che hanno spinto il professionista a non restituire la documentazione, come l’inadempienza dei pagamenti degli onorari da parte del cliente. La Cassazione ha ritenuto irrilevanti tali motivazioni, ben conscia, d’altronde, di come persino il mancato pagamento delle spettanze al professionista non possa sicuramente legittimare quest’ultimo alla ritenzione di quanto sia del cliente.
In questi termini i giudici hanno individuato la finalità di ingiusto profitto nel fatto di non aver reso evidenti le omissioni, che hanno comportato verifiche tributarie e sanzioni a danno del cliente.

Il verdetto
I giudici della Corte hanno confermato il verdetto di colpevolezza emesso a carico del professionista, già condannato dalla Corte di Appello alla pena di tre mesi di reclusione e 500 euro di multa, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile.

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