Dichiarazione dei redditi precompilata, ecco come funziona all’estero. I pro e i contro

Vittoria Patanè

12 Maggio 2014 - 17:23

Il modello 730 precompilato è già una realtà in molti altri Paesi. E se in alcuni è sinonimo di efficienza in altri si traduce in un vero e proprio disastro. Vediamo i pro e i contro della dichiarazione dei redditi precompilata

Dichiarazione dei redditi precompilata, ecco come funziona all’estero. I pro e i contro

Matteo Renzi ha promesso che arriverà a breve, ma in altri Paesi europei il modello 730 precompilato è già realtà da molti anni.

Vediamo dunque, dalla Danimarca alla Francia, da Singapore alla Nuova Zelanda, ecco come funziona e quanto si risparmia negli altri Stati.

Danimarca
La Danimarca ha inaugurato il modello precompilato nel lontano 1988 e può essere considerato il Paese che l’ha inventato.

Nell’estremo nord dell’Europa il 100% dei contribuenti individuali riceve annualmente la propria dichiarazione dei redditi completa di stipendio, interessi, dividendi, capital gains, detrazioni, esenzioni e deduzioni. IParliamo di 4,5 milioni di persone che hanno accesso ogni 12 mesi al loro profilo tributario aggiornato di ogni informazione. Di questi, calcolano gli esperti, solo il 6% richiede eventuali modifiche, per gli altri fila tutto liscio come l’olio.

La dichiarazione dei redditi precompilata ha consentito all’Agenzia delle Entrate danese di risparmiare circa 100-150 milioni di euro l’anno. A questo si aggiunge ovviamente la “comodità” e l’efficienza di tale meccanismo, cose da tenere in considerazione, soprattutto in un Paese come l’Italia dove un singolo contribuente rischia di perdere mesi e mesi in trafile burocratiche nel caso in cui si verifichi un minimo errore.

Francia
Diversa, molto diversa, l’esperienza dei cugini francesi che hanno deciso di adottare il modello 730 precompilato. Il primo progetto in Francia è partito nel 2005. Il governo ha investito molti soli, ma i risultati si sono rivelati nettamente deludenti. Ad oggi infatti, a 9 anni di distanza, solo il 13% dei contribuenti riceve a casa la propria dichiarazione dei redditi precompilata.

Spagna
Ma se in Danimarca il modello precompilato è stato un successo, in Spagna può considerarsi un quasi fallimento.

L’attuazione della precompilata infatta richiede da 3 a 5 anni di “rodaggio”, prima di funzionare a pieno ritmo e prima di ridurre i costi a carico dell’Amministrazione pubblica. Il piano deve essere dettagliato e progettato nei minimi particolari, seguendo un calendario ben preciso. In caso contrario potrebbe verificarsi ciò che è avvenuto in Spagna.

A Madrid infatti, circa il 50% dei contribuenti riceve la dichiarazione precompilata. Il problema è che il 22% di essi richiede modifiche aggiuntive.

Ancora peggio in Cile e in Islanda dove annualmente la metà dei modelli viene rimandata indietro a causa di un vizio riguardante la tracciabilità degli interessi.

Ovviamente le modifiche richiedono tempo e denaro, annullando praticamente tutti quelli che dovrebbero essere i vantaggi di questo nuovo meccanismo.

Gli altri Stati
Ad optare per il modello precompilato anche Lituania, Turchia, Sud Africa, Singapore e Nuova Zelanda.

Questi Stati presentano dei risultati molto ma molto buoni. Ecco la percentuale dei contribuenti che optano per la precompilata:

  • Lituania: 30%,
  • Sud Africa: 34%,
  • Nuova Zelanda: 34%,
  • Singapore: 51%,
  • Nuova Zelanda: 42%.

Quanto si risparmia?
Tra i motivi che hanno spinto Matteo Renzi a scegliere di inaugurare anche in Italia la dichiarazione dei redditi precompilata, oltre all’auspicabile snellimento burocratico, anche la volontà di risparmiare. Prima di tutto sui costi relativi al trattamento e all’invio della dichiarazione da parte dei contribuenti, spese che nel caso in cui si adottasse il modello precompilato verrebbero annullate.

In secondo luogo, essendo la compilazione a carico dell’Amministrazione pubblica, dovrebbe, in teoria, ridursi la possibilità di commettere errori.

Parlando di risparmio netto, esso è collegato al numero dei contribuenti. Si passa da una base di 100-150 milioni di euro per amministrazioni come quella danese che contano su 4,5 milioni di contribuenti, ad 1 miliardo l’anno per quelle agenzie delle entrate il cui numero di dichiarazioni dei redditi supera i 10 milioni l’anno. Proprio il caso dell’Italia dunque.

In terzo luogo, secondo gli esperti, la dichiarazione precompilata potrebbe migliorare il rapporto tra cittadini e fisco, favorendo una percezione di benessere fiscale.

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