Crisi: salvare la Spagna per salvare l’Euro? (The Economist)

Federica Agostini

27 Luglio 2012 - 15:33

Crisi: salvare la Spagna per salvare l’Euro? (The Economist)

Traduciamo in anteprima alla pubblicazione di domani, l’articolo dal The Economist che da la copertina all’edizione settimanale del famoso giornale inglese.

Gli incubi peggiori sono quelli dai quali non ci si può svegliare, così titola l’articolo: "Il volo della Spagna - La penisola iberica può essere salvata per un po’; ma i suoi problemi contengono un’allarmante lezione per tutta l’Eurozona".

Dalla copertina del The Economist di questa settimana

Chiedetelo alla Spagna

Da un anno a questa parte, i tassi di interesse sono saliti alle stelle, in parte a causa del contagio da spread di Grecia, Irlanda e Portogallo. Sembrava che il panico si fosse calmato dopo l’intervento della Banca centrale e le promesse di riforma del governo.

Da allora, la Spagna si è (poco) comportata bene come promesso a parole. Mariano Rajoy ha applicato i tagli al budget del governo, ha liberato il mercato del lavoro e giocato il suo ruolo negli insignificanti summit "make-or-break" ("fai-o-distruggi") di Bruxelles e, infine, il premier spagnolo si è assicurato 100 miliardi di euro per sostenere le banche del paese.

Nonostante tutti gli sforzi, la Spagna non riesce a liberarsi dei presagi sul suo tragico destino.

Il 25 luglio, i tassi di interesse sui bonos decennali hanno raggiunto l’area-euro del 7.75%. I tassi di interesse sui titoli biennali, invece, hanno raggiunto il 7%: gli investitori temono ormai che la Spagna debba far presto richiesta per un bailout, o dichiarare il fallimento.

Parole, soltanto parole

L’incubo spagnolo è un sintomo di ciò che è sbagliato in tutta l’Eurozona. Più i mesi passano, più la crisi diventa più profonda. I leader dell’Euro hanno chiesto al mondo intero di credere che riusciranno a fare il necessario per salvare l’Euro. Hanno chiesto anche di avere più tempo per ricomporre il disordine.

E’ indubbiamente vero, ma quando loro si ritirano nelle loro reggie o nelle loro ville sulla spiaggia, la fiducia dei mercati sparisce con loro e, di certo, il tempo non è più loro amico.

Spagna: il toro e le corna

La situazione in Spagna in questo periodo è ancora più allarmante perché, soltanto nell’ultimo mese, il paese iberico ha dichiarato la revisione sui 65 miliardi di euro in tasse e tagli alle spese, ed ha ottenuto i fondi per il salvataggio delle banche.

Questo movimento era mirato a persuadere gli investitori che l’Eurozona intera si stava preoccupando della situazione della Spagna.

Tale messaggio, però, è andato in fumo dopo le notizie riguardo al governo che prevede la recessione fino al 2013 e, ancora peggio, che dovrà trovare il denaro per salvare le regioni che hanno improvvisamente confessato il rischio di default.

La prognosi per la Spagna è nera. L’economia è in recessione, il settore pubblico taglia le spese ed il settore privato si rifiuta di investire.

La carenza di domanda interna lascia presagire chiaramente che Rajoy non riuscirà a raggiungere i target per la riduzione del bilancio. Se ciò accadesse, alla Spagna sarebbe chiesto di imporre più austerity.
L’annuncio di più austerity alla popolazione segnerebbe la fine del governo Rajoy, che continua a perdere consensi.

I tagli alle spese, inoltre, complicherebbero la questione spagnola visto che riguarderebbero anche la politica regionale, la quale determina il 40% della spesa pubblica e difende gelosamente la sua autonomia, pur dipendendo dal governo Rajoy.

Il giro del circolo vizioso

La Spagna non può scappare a queste trappole auto-imposte. Il governo ha ammesso di non avere denaro e i prestatori disponibili hanno dubbi riguardo alla sua capacità di solvenza. Un salvataggio potrebbe essere rappresentato da una sorta di azzeramento dei tassi di interesse sui titoli di stato grazie all’azione congiunta di qualche meccanismo della Banca Centrale Europea e i vari fondi salva-stati (sebbene, il maggiore di questi sia soggetto alla corte Costituzionale tedesca, i cui tempi di valutazione sono scandalosamente lenti, visto che il giudizio sul fondo ESM è stato rinviato al 12 settembre).

Ad ogni modo, l’Eurozona ha guadagnato tempo. Forse non molto, ma salvare la Spagna immediatamente implicherebbe dover salvare anche l’Italia. Ma i fondi non sarebbero sufficienti per entrambe le nazioni.

Ci sono problemi tecnici e politici: come la definizione precisa del ruolo dei fondi e, inoltre, la sola BCE non può obiettare se la Germania, il prestatore più grande, rallenta il processo.

Salvare la Spagna rimarrebbe un rimedio sul breve termine, fintanto che l’Eurozona decida saggiamente di riunirsi e stabilire un piano che sia economicamente sufficiente e politicamente attuabile.

"Uniti o si muore"

Spesso si è parlato della necessità di maggiore unione politica dell’Eurozona per fronteggiare la crisi. Tuttavia, oltre al bisogno di "più federalismo" l’Europa ha bisogno che qualcosa sia fatta per la crescita.

Moderare i programmi di austerity è una priorità, ma allo stesso tempo bisogna insistere sul’attuazione di riforme strutturali.

L’insieme federalismo+politiche per il salvataggio+politiche per la crescita funzionerebbe, ma avrebbe comunque bisogno di tempo. Se anche i governi si accordassero oggi sul da farsi, potrebbero volerci almeno tre anni. Ed il ritardo nell’iniziare ad attuare qualcuna di queste politiche, rende il tutto più complicato.

Per i leader europei sarà sempre più difficile mantenere il consenso delle persone, la profonda lezione dell’incubo spagnolo è proprio questa: il ritardo e la mancata azione minano le possibilità che l’euro possa salvarsi.

Traduzione per Forexinfo.it a cura di Federica Agostini - Fonte: The Economist

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