Coloro che si preoccupano perché il vecchio continente non ha più influenza sugli affari internazionali commettono un errore.
L’incapacità dell’Europa di fronteggiare i suoi problemi è ormai evidente e la diagnosi è indiscutibile: l’economia mondiale è stata contaminata dal virus della zona euro.
L’incertezza che ricopre il futuro della moneta unica è, senz’ombra di dubbio, l’aspetto più logorante per l’economia europea. Gli studi ed i sondaggi di questa settimana hanno mostrato come nel settore della produzione, le industrie della zona euro abbiano raggiunto il picco più basso degli ultimi tre anni. Questa oscura prospettiva non è relativa soltanto alle zone periferiche - le imprese tedesche vivono le stesse preoccupazioni delle altre grandi economie europee.
Crisi dell’Euro è anche crisi europea?
Anche altrove i segni del rallentamento economico si fanno progressiovamente più intensi e forti. Come accadrebbe ai vicini di una casa in fiamme, allo stesso modo la Gran Bretagna comincia a sentire il calore della crisi.
Fino a poco tempo fa, gli incoraggianti indici degli investitori hanno suggerito una luce alla fine del tunnel della doppia recessione del Regno Unito. Oggi tali indici mostrano segni di cedimento, contraendosi alle percentuali più basse raggiunte dal marzo 2009, momento apice della crisi economica mondiale.
La crisi contagia gli Stati Uniti
L’incertezza che sin’ora ha intorbidito i mercati globali sta manifestando le sue pesanti conseguenze economiche. Durante il mese di maggio negli Stati Uniti sono stati creati 69mila nuovi posti di lavoro - circa la metà del numero atteso e valore di per sé insufficiente per poter parlare di economia sana. Il tasso di crescita relativo al primo trimestre di quest’anno è stato rivisto in negativo e fissato al 1.9%., risultato tutt’altro che migliore rispetto al ristagno europeo. Tuttavia, se anche gli Stati Uniti crescessero più rapidamente, il problema della disoccupazione sarebbe ancora da affrontare. La percentuale di disoccupazione negli USA è del 8.2%; oltre a quanti hanno smesso di cercare lavoro, circa la metà vive ormai nella condizione di disoccupato a lungo-termine (vale a dire inoccupato da più di un anno) e avrà non poche difficoltà nel tornare a lavorare, qualora il lavoro tornerà ad esserci.
Contaminazione delle economie emergenti
Anche i mercati emergenti, salutati come i possibili salvatori dell’economia mondiale grazie alle loro performance durante il periodo di crisi, non possono essere immuni alla frenata economica "made in" Europa. Mentre si può fare affidamento sulla Cina, che mostra seri numeri di crescita, ci sono segnali contrastanti riguardo agli altri paesi. L’economia del Brasile è cresciuta a fatica nel primo trimestre di quest’anno. L’economia dell’India, che appena un anno fa cresceva del 9.2%, si è attestata nello stesso trimestre, ad un tasso del 5,3% annualizzato - risultato peggiore dal 2003.
Uscire dalla crisi: un’impegno su scala mondiale
Non tutte queste cattive notizie possono essere attribuite ai battibecchi dei leader europei riguardo a come salvare la moneta. Tuttavia, finché saranno ancora loro a gestire la situazione in atto, la cosa migliore in cui si possa sperare è che le banche centrali europee - specie la BCE - intensifichino le iniezioni di liquidità al fine di riattivare l’attività economica. Ma la piena fiducia richiede una soluzione a lungo termine per la zona euro - non soltanto per il suo interesse, ma soprattutto per quello mondiale.
Tradotto da Federica Agostini per Forexinfo.it - Fonte: Financial Times
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