CRISI DEBITO. L’Italia continua ad essere sotto i riflettori dei mercati, ma questa volta non si tratta (o almeno, non solo) delle dimissioni di Berlusconi. Certo la situazione politica del paese preoccupa ed è fonte di incertezza, ma, a sollevare i maggiori dubbi e ad acuire le tensioni esistenti, sono i livelli di rendimento dei titoli di stato italiani.
Quando le banche prestano denaro, cercano di far corrispondere gli interessi da addebitare con il rischio che assumono. Se il rischio è alto, allora devono essere compensati con pagamenti di interessi più elevati. In questo caso, gli investitori sono le "banche" e l’Italia è il "mutuatario".
In Italia i rendimenti a10 anni delle obbligazioni è salito al 7,45% prima di stabilirsi a 7,05% nella sessione di Giovedì, il livello più alto da quando l’euro è stato creato. Il problema è che è al di sopra del livello psicologico del 7%, lo steso a cui paesi come Grecia, Irlanda, Portogallo hanno cominciato a chiedere pacchetti di salvataggio.
Che cosa ha esattamente innescato l’impennata dei rendimenti dei titoli di ieri? Numerosi fattori sono entrati in gioco, ma uno dei problemi principali è dato dalla mancanza di dettagli sulle dimissioni di Berlusconi. L’annuncio della notizia aveva potenziato la propensione al rischio Martedì scorso, ma ora vengono chiesti maggiori dettagli, sul come e sul quando, e nel più breve tempo possibile.
Inoltre, non ha certo aiutato la mossa di LCH Clearnet SA, La società indipendente londinese, seconda per importanza al mondo, che gestisce la stanza di compensazione per le transazioni internazionali di bond e pronti contro termine, che alimentato il déjà vu del piano di salvataggio aumentando i propri margini di garanzia sui titoli obbligazionari italiani. L’azienda ha incrementato il suo margine iniziale di un range compreso tra 3,5% -5,0% su tutte le scadenze del Tesoro italiano e sulle connesse obbligazioni del governo. Questo è esattamente ciò che LCH ha fatto per i titoli di Portogallo e Irlanda, poco prima che i due paesi chiedessero un piano di salvataggio. La cosa fa pensare!E preoccupare!
L’ultimo, e probabilmente il maggior, fattore che ha determinato l’avversione al rischio di ieri, è la crescente preoccupazione sulla capacità dell’Italia a pagare i propri debiti. Ecco un breve backgorund dello scenario del debito italiano.
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L’Italia è attualmente il terzo più grande mercato obbligazionario al mondo e ha anche un elevato rapporto debito pubblico/PIL, pari al 120%. Cosa che differenzia l’Italia dal resto del PIIGS però, è che il Paese non ha bisogno di prendere in prestito denaro per evitare un collasso. Ha bisogno soltanto di prendere in prestito per pagare gli interessi e il capitale del debito esistente. In sostanza, l’Italia deve solo rifinanziare il suo debito.
Il problema però, è che il continuo aumento del debito italiano potrebbe rivelarsi problematico, innescare un circolo vizioso, una spirale di morte. Le preoccupazioni sul fatto che l’Italia possa ripagare tutto il suo debito, seguitano a spaventare gli investitori, e a “farli scappare”: il paese potrebbe trovarsi in una situazione in cui non rimane più alcun acquirente, a prescindere da quanto alti i rendimenti diventino, per attirare gli investitori. Quindi, dovremmo iniziare ad anticipare un salvataggio italiano? Non necessariamente. Perché l’Italia ha bisogno di prestiti solo per coprire le obbligazioni in scadenza: può ancora cavarsela, almeno fino a quando le cose non precipiteranno. Il governo italiano ha solo bisogno di coprire parti del suo debito complessivo in ogni momento utile, almeno fino a quando i rendimenti non sono troppo alti, e continuare a vendere obbligazioni, anche se sotto la pari
Inoltre, se e quando Berlusconi si dimetterà da Primo Ministro, potrebbe contribuire a stabilizzare la scena politica. Il suo addio potrebbe convincere gli investitori a riacquistare obbligazioni italiane.
Per ora, sembra che i problemi attuali siano una questione di fiducia e non di liquidità. La chiave sarà la gestione del problema in modo da non arrivare a quello stadio.
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