Cosa sono i crediti green, la prima fonte di guadagno di Tesla

Pierandrea Ferrari

18 Maggio 2021 - 17:13

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Non le auto elettriche, né i pannelli fotovoltaici o i sistemi di stoccaggio energetico: le maggiori entrate nel bilancio di Tesla vengono dai crediti green. Ecco cosa sono e perché la dipendenza del colosso di Palo Alto dai certificati sulle emissioni è una red flag che sventola da tempo. Michael Burry docet.

Cosa sono i crediti green, la prima fonte di guadagno di Tesla

Che cosa sono i crediti green? La questione è tornata di estrema attualità dopo che un filing alla SEC ha rivelato come Michael Burry, il finanziere USA che arrivò a shortare i mutui subprime prima della crisi finanziaria 2007-2008, abbia portato i suoi acquisti di opzioni put ribassiste su Tesla ad un controvalore di 530 milioni di dollari, ovvero il 40% nominale del suo intero portfoglio di investimento.

Non un caso: per mister big short, infatti, la dipendenza del colosso di Palo Alto dai crediti green – di fatto la prima voce in bilancio – è una red flag sui sottostanti fondamentali economici, già disaccoppiati dalla quotazione del titolo, ora a 576 dollari. Perché? Di seguito, dopo una breve guida sulle logiche di questi certificati, un’analisi delle prospettive di Tesla.

Cosa sono i crediti green

Di base, i crediti green – noti anche come regulatory credits – si inseriscono nel quadro della lotta al cambiamento climatico che le principali economie, chi più chi meno, stanno portando avanti. In via generale, questi certificati servono a tastare le emissioni prodotte annualmente dai player dell’automotive, con un meccanismo di scambi che permette alle case più virtuose di cedere i crediti – e quindi incassare profitti - a chi è più indietro nella transizione green.

Negli Stati Uniti, ad esempio, viene richiesto ad ogni costruttore di produrre un certo numero di vetture non inquinanti ogni anno, tra elettriche ed ibride. Per questo sforzo Washington attribuisce dei crediti, che vanno dunque a misurare l’allineamento tra le case e i target governativi. I player che non riescono a soddisfare i livelli minimi imposti si ritrovano così ad acquistare i crediti da chi ha saputo superare gli obiettivi, portando ad un equilibrio di massima nell’industria.

La stessa cosa avviene anche in Cina, dove l’ammontare dei crediti elargiti è legato anche alle dimensioni delle auto green prodotte, e in Europa, in prima linea nel taglio delle emissioni, che riconosce anche dei super crediti per le vetture che emettono meno di cinquanta grammi di CO2 per chilometro.

Tesla e i crediti green: una red flag per Michael Burry

Ed ora, dopo questa ricognizione sui crediti green, torniamo a Tesla. La gamma di Musk, essendo interamente elettrica, porta ad un accumulo di crediti senza eguali, che vengono poi scambiati sul mercato tirando la volata degli utili in bilancio. Un fatto noto, ma gli equilibri sembrano ora scricchiolare.

Infatti, l’impegno sul fronte green dei competitor di Tesla è in rapida crescita, con marchi leader del mercato come Volkswagen, Ford e Stellantis che hanno già annunciato programmi ambiziosi in termini di conversione della gamma.

Consequenzialmente, a stretto giro verranno a mancare incassi enormi per Tesla, visto che il numero di player interessato all’acquisto di crediti andrà scemando di anno in anno. Senza contare, inoltre, che la concorrenza nel ramo green sarà una sfida anche sul fronte delle vendite di auto, finora dominato da una Tesla senza rivali.

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