Il regime cinese sta mostrando le sue prime crepe, pressato da disordini sociali che avvengono quotidianamente, dalla potenza di Weibo (il Twitter orientale) e da una voglia di libertà che sembra stia per esplodere. Dobbiamo aspettarci una primavera cinese? Improbabile, ma i segnali che il regime possa allentare la sua presa ci sono tutti. Ecco cosa sta veramente succedendo in uno dei Paesi più censurati del mondo.
Facebook in Cina non esiste. E neppure Twitter. Vige invece un altro tipo di social network, dal quale tuttavia è escluso il resto del mondo. Perché Weibo è un social network esclusivamente in lingua cinese. E, se vogliamo, è (potenzialmente e non solo) una delle piattaforme sociali più seguite del mondo, vista l’alta densità della popolazione cinese. Nonostante una censura sempre vigile e una polizia informatica pronta ad assaltare qualsiasi barlume di ribellione, Weibo sembra essere un animale incontrollabile. E se consideriamo che il 10 febbraio 2013, in Cina, inizierà l’Anno del Serpente, la metafora sembra facile da attuare. Weibo può infatti essere paragonato a un serpente che striscia, apparentemente innocuo, ma che in realtà si insinua tra le piccole crepe del regime, in attesa che crolli o che, almeno, si allenti la presa autoritaria del controllo attualmente vigente.
I 300 milioni di followers su Weibo, anche a quanto riportano due esperti sul Financial Times, Jonas Parello-Plesner e Micheal Anti, stanno utilizzando un linguaggio differente, per raggirare lo Stato ed evitare i blocchi della censura. I termini vietati, come Tibet, ad esempio, ma anche come i nomi dei politici, sono deformati in diversi modi, beffando il regime di censura e facendo arrivare comunque il messaggio desiderato. Un linguaggio, questo, da studiare e da capire: non una moda, certo, non un "Verlan" francese, nato per aumentare il potenziale di aggregazione sociale tra i gruppi giovanili, ma un vero e proprio linguaggio in codice contro le autorità, una forma di protesta grammatica e criptica che potrebbe dare adito a un dissenso molto più grande.
Il limite di Weibo, naturalmente, è la lingua cinese, che lo esclude dal resto del mondo, ma basta conoscere un pochino la lingua per infiltrarsi nel sistema e avere, d’improvviso, migliaia e migliaia di followers. Numeri di una certa potenza che non possono non mettere paura al regime cinese.
Temi caldi e forme di protesta
Su Weibo, uno dei temi caldi, è stato ad esempio l’inquinamento, i cui dati le autorità cinesi non vengono naturalmente più trasmessi da molti anni, ma che sono comunque trapelati grazie al lavoro dell’ambasciata USA a Pechino. Un tema che è stato ampiamente seguito da popolazione e media cinesi, i quali hanno spinto energicamente sul problema al fine di invitare il governo ad affrontarlo. E forse è stata proprio questa "sollevazione popolare" a spingere il governo a chiudere l’impianto di Baotou, appartenente al gruppo Shenhua, perché reo di inquinare l’ambiente e di non rispettare gli standard fissati dal Ministero della Protezione Ambientale.
Una notizia, questa, stranamente trapelata anche al resto del mondo.
Altre notizie rilevanti provenienti dalla Cina e degne di considerazione riguardano prevalentemente le forme di protesta scoppiate ultimamente nelle varie provincie cinesi, gli scioperi e le tensioni sociali, di cui però nessuno parla.
Nella provincia dello Hubei, come ha riportato Giuseppe Cirillo su Hescaton, il popolo è sceso in piazza per protestare contro un ospedale in cui è morta una donna incinta poiché l’istituto sanitario non rilasciava informazioni e spiegazioni sull’accaduto, una protesta che si è trasformata rapidamente in una rivolta generata dagli scontri con le forze dell’ordine (che in Cina non scherzano affatto) le quali hanno immediatamente tentato di reprimere la rivolta senza badare alle vittime dei loro colpi. Rivolte e scioperi che, grazie a quanto riportano Hescaton e ad altri (pochi) media di informazione, sono praticamente all’ordine del giorno.
Anche perché disoccupazione, divario sociale e inflazione aumentano a vista d’occhio, nonostante l’evidente crescita economica. L’indice di Gini, che misura proprio il divario sociale, ha superato ormai il coefficiente 0,6, ovvero 0,2 punti in più rispetto allo standard oltre il quale scatta a livello internazionale l’allarme. Un indice che potrebbe arrivare allo 0,7 proprio entro il 2013, scatenando rivolte e conseguenti repressioni, della cui maggior parte (o della quasi totalità) con ogni probabilità non ne sentiremo mai parlare.
Quali effetti avrebbe una primavera cinese sul mondo?
Cosa sta succedendo dunque in Cina? E quali effetti avrebbe una primavera cinese, sull’onda di quella araba, a livello macroeconomico? Sono interrogativi che necessiterebbero risposte più accurate, ma la necessità di approfondire l’argomento istituendo un vero e proprio "Osservatorio cinese" non sarebbe una cattiva idea per avere maggior informazioni e sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema che non è poi così lontano. Dopotutto, nonostante abbiamo cose più serie di cui preoccuparci (come la crisi economica che sta distruggendo imprese e famiglie), è alla Cina che con ogni probabilità dovremo guardare nel (non poi così tanto) prossimo futuro, come maggiore motore economico del mondo.
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