Il pil cinese rallenta più del previsto, ma le borse asiatiche chiudono in rialzo. A Tokyo l’indice azionario Nikkei-225 ha guadagnato il 3%
In attesa del dato definitivo sull’inflazione nell’eurozona, che sarà comunicato questa mattina, sui mercati asiatici hanno tenuto banco alcuni importanti dati macroeconomici provenienti dalla Cina. In primis il pil relativo al primo trimestre, che è salito dell’1,4% rispetto all’ultimo trimestre del 2013. Il dato è leggermente più basso rispetto alle previsioni degli analisti finanziari, che avevano prospettato un incremento a +1,5% su base congiunturale.
Il dato su base annua, invece, ha evidenziato un calo più marcato: +7,4% rispetto al 7,7% del trimestre precedente. In ogni caso il risultato è stato migliore delle aspettative del mercato, visto che le stime di consenso erano ferme a +7,3% su base annua. Il pil cinese è cresciuto al ritmo più basso degli ultimi 6 trimestri, complice la caduta degli investimenti ai minimi dal 2009, ma il governo di Pechino continua a ribadire che quest’anno sarà centrato il target del 7,5%.
In ogni caso il tasso di crescita stimato dal governo centrale sarebbe il più basso dell’ultimo quarto di secolo, dopo che nel 2012 e nel 2013 il ritmo con il quale era aumentato era stato del 7,7%. Stanotte è stato pubblicato anche il dato sulla produzione industriale in Cina, che a marzo è aumentata dell’8,8% rispetto al 9% stimato dagli analisti finanziari. Salgono le vendite al dettaglio al 12,2% su base annua, leggermente meglio del 12,1% prospettato dal consensus.
Il portavoce dell’ufficio nazionale di statistica cinese, Sheng Laiyun, ha dichiarato che la Cina si trova in una fase cruciale per le riforme strutturali e che l’impegno del governo a modernizzare il paese ha dei costi. Ecco spiegato, dunque, il rallentamento della locomotiva cinese, anche se non tutti sono d’accordo. Liu Li-Gang, economista di Anz Bank, ha sottolineato che il dato sulla produzione industriale di marzo sotto le attese potrebbe suggerire che la crescita del pil “reale” cinese sarà del 7-7,2%.
Ding Shuang, economista di Citigroup, ritiene che l’ex Impero Celeste dovrà fare i conti con il rischio di bolla nel settore immobiliare, per cui la frenata del pil potrebbe anche essere più consistente del previsto. Il rallentamento dell’economia cinese non ha spaventato i mercati asiatici, rinfrancati dal buon andamento di ieri di Wall Street. A Tokyo l’indice azionario Nikkei-225 ha guadagnato il 3% a 14.417 punti, grazie anche alle dichiarazioni rilasciate dal ministro delle Finanze nipponico Taro Aso.
Aso ha annunciato che il fondo pensione giapponese Gpif, il più grande al mondo per asset in gestione (1.260 miliardi di dollari), è pronto a fare una mossa strategica sul mercato azionario domestico allo scopo di effettuare investimenti cospicui su un asset potenzialmente in grado di assicurare ritorni più elevati rispetto ai bond. Il Giappone ha un grosso problema demografico, con una popolazione sempre più vecchia da finanziare. Il paese del Sol Levante non vuole che la spesa per la previdenza sociale esploda pericolosamente, creando instabilità interna e il crollo del valore dei risparmi (già messi a dura prova dalla svalutazione dello yen).
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