Il rilancio della Scuola Archeologica Italiana di Atene è possibile ma non è scontato. Studio, Ricerca Scientifica e insegnamento vanno rimodulati.
La Grecia oggi sta attraversando una crisi economica molto dura e proprio quello che va evitato è uno stop alla Ricerca sulle aree archeologiche per le quali l’Italia ha dato, e da oltre un secolo continua a dare, un contributo determinante. L’austerità, caratteristica dei governi dell’euro, ha già ridotto i finanziamenti alla SAIA e questo ha creato problemi notevoli. Ecco cosa scrive la Corte dei conti a chiusura della relazione sulla gestione finanziaria per l’esercizio del 2011:
“… la particolare esiguità del contributo ordinario (€ 399.599) nonché la conseguente modesta attività istituzionale conduce a ritenere che, secondo quanto disposto dall’art. 3, comma 2, della legge 259/58, la permanenza del controllo della Corte dei conti sulla gestione finanziaria dell’Ente non trovi più Ragione d’essere.”
Premesso che la Corte dei conti rappresenta lo Stato e non il governo, dichiarare che la SAIA non debba più essere sottoposta a nessun controllo sulla gestione finanziaria significa che almeno in parte, determinati vincoli di legge non modificati dal parlamento non sarebbero più validi. Tale situazione si è determinata grazie alle scelte degli ultimi governi ma non tiene conto che la Costituzione (Art. 9 comma 1) afferma che “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”. Si voglia o no lo Stato italiano di fatto tende a non rendere più attiva una norma costituzionale.
SAIA: la Scuola Archeologica Italiana di Atene
Pensare che la SAIA possa continuare la sua attività senza un rilancio della sua mission è sbagliato. Si rende necessario una continua promozione dei suoi studi oltre gli addetti ai lavori. La Ricerca scientifica che si svolge primariamente con scavi archeologici su varie località della Grecia deve privilegiare motivazioni alte di partecipazione attiva che sono possibili in quanto in Italia il livello di istruzione è notevole e la riconversione dei cultori in profili ricercatori mirati su tematiche di interesse storico-archeologico rappresenta un’aspettativa per la quale lo Stato deve favorire processi di partecipazione e di coinvolgimento offrendo mezzi adeguati. Le attività di insegnamento della Scuola, in continuità con i corsi ordinari, vanno riconfermati negli obiettivi e rimodulati in parte a livello di accesso in quanto l’eccellenza non è data solo per la formazione di un ristretto numero di partecipanti, ma da un coinvolgimento più ampio e proprio finalizzato per fare studi e ricerche.
Uscire dal cono d’ombra non è semplice. Questa Scuola è legata al sentiment di studiosi che rappresentano professionalità pregiate. Essa però deve essere anche un possibile orizzonte di riscatto: le conoscenze non possono essere comunque solo per pochi. Al riguardo l’Art. 33 (comma 1) della Costituzione, “L’arte e la scienza sono libere e libero è l’insegnamento”, può nell’interpretazione corrente dei fenomeni destrutturanti in atto, rappresentare una base di ricerca per processi di innovazione finalizzati ad allargare l’area di partecipazione. Come e in che modo è certo complicato ma non è impossibile.
La crisi economica che stiamo attraversando ci impone di non essere leggeri ma è chiaro che la comunità scientifica deve anche tener conto che lo Stato finanzierà sempre di meno la ricerca. Le ragioni sono anche di scelte verso le quali obiettivamente si può essere contro ma bisogna rendersi conto che l’opposizione su questi temi è attivata da minoranze in quanto chi studia e fa ricerca non è maggioranza in Italia.
La valorizzazione dei beni culturali
Il Ministero dei Beni, delle Attività culturali e del Turismo ha presentato in data odierna la relazione che la Commissione per il rilancio dei Beni culturali e del Turismo e per la riforma del Ministero ha consegnato al Ministro Massimo Bray, ma non pare che la SAIA abbia ricevuto attenzione. Tale Commissione, presieduta dal Professor Marco D’Alberti, Ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università Sapienza di Roma e dopo 8 riunioni e 29 audizioni ha riassunto le proposte sulla riorganizzazione e valorizzazione del Ministero. Tutto Ok eppure al centro delle proposte di riforma del Ministero vi era o no il tema dell’innovazione? Si legge nel comunicato presente sul sito del ministero che una nuova direzione generale si occuperà della digitalizzazione e dell’informatizzazione, ma sarà anche per l’archeologia?
Certo fa piacere leggere che ci sarà la formazione continua del personale e che si elaboreranno programmi in collaborazione con centri specializzati e sedi universitarie ma con la SAIA cosa si prevede? Il piatto forte è la proposta di individuare sinergie tra pubblici poteri e intervento di soggetti privati nella gestione dei beni culturali e delle attività legate al turismo e naturalmente è roba dell’altro millennio.
Il Ministero dei Beni, e si specifica delle Attività culturali e del Turismo, valuteranno con attenzione le proposte contenute nella relazione presentata oggi al fine di conferire una maggiore e concreta efficienza organizzativa all’intera struttura tra direzioni centrali e direzioni regionali e tra queste ultime e gli uffici periferici che operano sul territorio. Per la SAIA che è attiva in Grecia, unica attività di ricerca all’estero, si legge semplicemente niente. Questo è il lavoro di una commissione nell’era dei governi dell’euro.
La ricerca non si deve fermare mai!
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