Le emissioni di gas serra vanno ridotte prima che sarà troppo tardi: gli accordi di Parigi del 2015 sono stati chiari, ma solo pochi Paesi le stanno seguendo.
Solo con i tagli alle emissioni dei gas serra si possono stabilizzare le temperature in aumento. Proprio per questo il segretario generale dell’ONU António Guterres, ha invocato lo stop alle aperture di altre centrali a carbone e alla deforestazione.
Un impegno che tutti i Paesi del mondo sono chiamati a rispettare: non tutti, però, lo stanno facendo e i rischi a cui stiamo andando incontro sono molto gravi.
I Paesi con le politiche più green
Ci sono alcune nazioni che hanno cercato di rispettare fin da subito le linee degli accordi di Parigi del 2015; molti altri, purtroppo, non hanno impiegatogli stessi sforzi per applicare politiche più green.
Oggi il 70% delle economie mondiali si sta impegnando per raggiungere l’obiettivo zero emissioni.
Regno Unito
Il Regno Unito è forse il Paese più all’avanguardia. L’anno scorso proprio il premier Boris Johnson parlava ai media di “rivoluzione industriale verde” presentando le nuove norme e obiettivi climatici del suo governo. I risultati sono stati per ora buoni con un taglio del 45% delle emissioni.
L’obiettivo è di tagliare:
- il 68% entro il 2030
- il 78% entro il 2035
- raggiungere quota zero emissioni entro il 2050
Obiettivi lodevoli ma che devono essere seguiti dalle altre super potenze. Uno degli obiettivi più importanti per Johnson è lo stop alla vendita del diesel entro il 2030.
Unione Europea
L’UE rappresenta un quinto dell’economia mondiale. È il terzo blocco per emissioni ne mondo, con il 9%, dopo la Cina e gli USA. A differenza però della Cina e degli Stati Uniti, l’Europa sta mantenendo gli impegni presi a Parigi. La promessa era di tagliare il 20% dei gas serra emessi entro il 2020; pochi anni fa, nel 2018, è arrivata a quota 23,2%.
Il prossimo obiettivo è del 40% entro il 2030; un obiettivo troppo modesto secondo gli ambientalisti che vorrebbero un’Europa sempre più verde. Infatti, dopo l’annuncio del “Green Deal”, l’Unione europea si è impegnata a tagliare il 55% entro il 2030 e raggiungere zero emissioni entro il 2050.
I Paesi meno green
Stati Uniti
Dopo l’abbandono degli accordi di Parigi dall’amministrazione di Donald Trump, che addirittura negava il cambiamento climatico, con Joe Biden gli Stati Uniti cambiano marcia.
Il secondo Paese al mondo per emissioni di gas serra (14,5%), oltre all’obiettivo di zero emissioni entro il 2050, con Biden vorrebbe ridurre del 50-52% le emissioni di CO2, ma secondo gli esperti dovrebbe tagliare le emissioni ancora del 57-63% entro il 2030 per raggiungere la quota zero il 2050.
Secondo l’indice Climate Change Performance Index (CCPI), al momento sono proprio gli States a essere ultimi in classifica a causa della pessima amministrazione trumpiana.
Cina
Essendo il maggior produttore di emissioni nel mondo, con 22,3%, è necessario che prenda parte al cambiamento. Xi Jinping si è impegnato a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2060, dieci anni dopo il resto degli altri Paesi. Dieci anni fondamentali per ridurre drasticamente le emissioni e salvare il pianeta. La Cina ha sempre visto questi tagli come un ostacolo al suo sviluppo, adesso sembra aver capito la gravità della situazione, impegnandosi a limitare le emissioni del 60-65% ma non a eliminarle. Impegno troppo poco convinto.
Australia
Contro intuitivamente se l’Australia è uno dei Paesi più esposti alle conseguenze dei cambiamenti climatici è anche uno di quelli più inquinanti.
Infatti, il Paese produce da solo il 3,6% di emissioni globali. Rimane uno dei più restii e riluttanti per una svolta total green entro i termini stabiliti. È uno dei Paesi che non sta rispettando le linee di Parigi: entro il 2030 dovrebbe ridurre le emissioni del 28% ma al momento non arriva nemmeno al taglio del 17%, nonostante il 78% degli australiani chieda una svolta green al governo.
India
Terzo singolo Paese per produzione di gas serra con il 7,2% (dopo Cina e Stati Uniti). Solo lo scorso aprile ha raggiunto un’intesa con gli Stati Uniti per installare entro il 2030 centrali per una capacità di 450 giga watt di energia rinnovabile.
Il Paese sostiene di star rispettando le linee di Parigi e di riuscire a raggiungere l’obiettivo di ridurre del 33-35% le emissioni di gas serra prima del 2030.
Russia
Non pervenuta, una grande incognita. Nonostante Vladimir Putin abbia parlato di voler ridurre le emissioni gas serra non ha mai condiviso la propria deadline: in questo modo è impossibile monitorare i miglioramenti.
L’unico impegno noto è di ridurre del 30% le emissioni entro il 2030, un obiettivo piuttosto facile se si considera la deindustrializzazione del Paese dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica.
COP26 un appuntamento da non perdere
Il report dell’IPCC sarà la base solida su cui si poggerà la conferenza per il clima COP26 di Glasgow, co-organizzata da Gran Bretagna e dall’Italia. A novembre 197 Paesi si siederanno per discutere sul da farsi e sui nuovi obiettivi ambientali.
Come ha detto il presidente di COP26 Alok Sharma:
“Non possiamo permetterci di aspettare due, cinque o dieci anni: questo è il momento, o si agisce ora o non avremo più’ tempo.”
Un appuntamento da salvare sul calendario globale.
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