La situazione politica della Bulgaria, appena andata alle urne, ricorda quella italiana di quasi due mesi fa. Il risultato elettorale infatti sta decretando la vittoria del partito dell’ex primo ministro Boiko Borisov, ma con una percentuale così risicata da non permettere agilmente la formazione di un nuovo esecutivo. Sullo sfondo delle elezioni Bulgare ci sono gli scontri in piazza di manifestanti stanchi delle politiche di rigore imposte al paese dell’UE e le accuse di broglio elettorale rivolte al partito conservatore che si difende invocando l’ipotesi di un complotto. A questo si aggiungono il cosiddetto watergate bulgaro che ha interessato l’ex esecutivo e una situazione economica disastrosa che conferma la Bulgaria come il più povero dei paesi del blocco sovietico entrati nell’UE.
Risultati elettorali
La Bulgaria è andata ad elezioni anticipate in seguito alla forte pressione esercitata dalla piazza che ha portato alle dimissioni dell’ex primo ministro. Nonostante la forte insofferenza dimostrata dalla popolazione bulgara nei confronti di Boiko Borisov e le sue politiche votate al rigore europeo, anche in questa tornata elettorale il partito conservatore sembra aver ottenuto la maggioranza. Costretto alle dimissioni prima e poi riportato al governo dopo, Borisov secondo i primi dati ufficiali diffusi questa mattina, sarebbe in testa nelle elezioni parlamentari con il 31,4% dei voti. Al momento i voti scrutinati sono circa il 70% e lasciano poco margine di cambiamento: il partito conservatore di Borissov è in testa con il 31,4%, seguito dai socialisti con il 27,3%, dal partito dell’etnia turca al 9,2% e dai nazionalisti di Ataka con il 7,6%.
Sono solo quattro quindi i partiti che entreranno nel parlamento bulgaro e che dovranno sostenere la formazione del nuovo governo. Stando così la situazione il margine di vantaggio di Borisov sull’avversario socialista non è tale da poter garantire al partito conservatore una maggioranza stabile e rende quindi difficile la formazione di un nuovo esecutivo.
Proteste, brogli e crisi
Il giorno del voto in Bulgaria è stato un altro momento di alta tensione nel paese, ormai attraversato negli ultimi mesi da proteste e violenze. Gli scontri sociali si sono notevolmente acuiti da quando il governo ha imposto misure economiche pesanti, un forte aumento della pressione fiscale per seguire la strada del rigore imposta dell’UE.
Anche ieri, giorno delle elezioni in Bulgaria, lo scenario era quello della protesta: la folla ha attaccato la polizia stanziata a difesa del press center elettorale dove i vari leader di partito hanno tenuto le loro conferenze stampa subito dopo il voto.
La campagna elettorale è stata caratterizzata anche da uno scandalo rinominato watergate bulgaro e dalle accuse di broglio elettorale mosse dai socialisti nei confronti del partito di Borisov. Il leader del partito socialista, Serghiei Stanishev ha infatti accusato il primo ministro uscente di aver ordinato all’ex ministro degli interni di procedere a intercettazioni illegali ai danni di personaggi politici dell’opposizione, uomini d’affari, giornalisti e ministri del suo stesso governo. Per questa vicenda Borisov nei giorni scorsi è stato sentito dalla procura.
Ma le reciproche accuse tra i due partiti non si limitano al watergate bulgaro. Il giorno prima delle elezioni infatti è accaduto un altro episodio che ha fatto dubitare del regolare svolgimento delle elezioni e fatto gridare al complotto il partito di Borisov. Le autorità bulgare hanno trovato, in un tipografia fuori Sofia di proprietà di un consigliere del partito dei conservatori, 350mila schede elettorali stampate oltre il numero stabilito dalla legge. Il partito socialista ha subito accusato Borisov di broglio elettorale e il partito conservatore ha accusato polizia e giornali di aver diffuso la notizia il giorno prima del voto con lo scopo di danneggiare il partito dell’ex primo ministro.
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