Book Calling #2: la lussurizzazione della società attraverso il digitale spiegata da Aldo Agostinelli, autore di “Bling, Il Lusso Del Futuro”

Antonella Coppotelli

20/10/2020

26/04/2021 - 15:43

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Lusso e digitale sono divenuti due termini, oggi come oggi, che vanno di pari passo e ridisegnano la definizione del “bling-bling” che nella cultura hip-hop rappresenta la massiccia gioielleria o l’abbigliamento iper-griffato come ostentazione di un livello di ricchezza e benessere raggiunti divenendo elementi aspirazionali per la maggior parte del pubblico mainstream.

E’ davvero così imprescindibile il legame che si è venuto a creare tra digitale e concetto di lusso, tanto da ridisegnare le nostre abitudini e quelle del marketing delle aziende del comparto luxury? A questa e molte altre domande risponde “Bling, Il Lusso Del Futuro”, edito da Mondadori Electa e scritto a quattro mani da Aldo Agostinelli e Silvio Meazza. I due autori non lasciano alcun scampo all’immaginazione e sin dalle prime righe della loro opera approcciano all’argomento con una chiara e inequivocabile dichiarazione di intenti: non vi è alcun scampo al potere del bling. Medesimo concetto confermato anche da Aldo Agostinelli, protagonista della seconda puntata di Book Calling, la rubrica di Money.it dedicata ad autori e libri, che potete ascoltare nel video correlato.

Soprattutto se al concetto di lusso - idealizzato, aspirazionale o reale che sia - abbiniamo Instagram, il mondo degli influencer (veri e virtuali), l’AI e l’attenzione alle nuove modalità di acquisto a cui ci ha abituato la rete e che ben sono incarnate da uno specifico cluster che viene dall’antica “via della seta” e che sarebbe folle ignorare: la giovane società cinese e l’acclarata attitudine a comprare tutto “cashelss” e a portata di tap. Ricordiamo che il 33% del lusso in generale è comprato dai cinesi, di cui il 36% ha un’età compresa tra i 18-24 anni. Percentuali importanti che, al momento, non trovano corrispondenza nella GenZ occidentale e che concettualmente e praticamente stanno guidando una vera e propria rivoluzione in fatto di acquisti e abitudini di consumo. Soprattutto se pensiamo che grazie a loro il lusso passa anche dal second-hand e dalla sostenibilità andando a ridisegnare un concetto per il quale “usato” non è più cheap ma rich perché c’è la possibilità di personalizzarlo e impreziosirlo senza immettere sul nostro amato Pianeta nuovi scarti. Questa nuova attitudine di acquisto varrà nei prossimi anni circa l’82% del mercato del lusso e porta con sé anche un altro elemento fondamentale: oltre al pezzo usato scatta, quasi in automatico, l’upselling verso il nuovo, generando ulteriori profitti. E questo, soprattutto le grandi maison della moda, l’hanno capito e cavalcato fin da subito.

Gli “Henry”: chi sono e perché sono così importanti

Avanzano numerosi e più vanno avanti, più le fila si ingrossano: sono giovani adulti che rientrano nel target dei quarantenni, appartengono a una fascia di reddito medio tra i 100.000 e i 250.000 euro, hanno davanti a sé una prospettiva di carriera e di crescita professionale ancora alta e possiedono tanta, tanta voglia di spendere, di apparire e di regalarsi le sensazioni derivanti dal lusso: gli Henry, acronimo di “High Earners, Not Rich Yet", sono proprio loro e anche qui è d’obbligo guardare alla società cinese.

L’aspetto interessante di questo cluster è che non solo amano ostentare il lusso ma soprattutto viverlo attraverso esperienze immersive che li calano in un vero e proprio mondo parallelo dove il gap tra persone a reddito normale e quelle ricche è sempre più distante. Parliamo, quindi, di viaggi in luoghi esotici e forse inimmaginabili organizzati all’insegna di esperienze uniche come un evento yoga in Giappone o un corso di fotografia personalizzato in India.

“Il digitale influenza, ispira modella, solletica l’edonismo dello sfoggio. E il lusso 4.0 avanza”

Gli Henry, citando Agostinelli e Meazza, “sono i nuovi gatekeepers del mercato luxury”, ma guai se ci limitassimo a concentrarci sono su di loro! C’è un ulteriore cluster da monitorare e osservare sempre con più attenzione: ossia la fascia di età immediatamente sotto, quella dei 25-34 anni per l’esattezza, che si configura come la nuova fruitrice del lusso e che, a breve, genererà nuovi Henry che, a loro volta, come abbiamo visto, spenderanno sempre più. Un target troppo ghiotto per il mercato del lusso che di certo non se lo fa sfuggire e lo segue e blandisce all’insegna di una regola del marketing vecchia come l’umanità: fidelizzare sempre più la propria clientela e far sì che il customer lifetime value duri più a lungo possibile.

In questo l’alleato di punta al mercato del lusso è sicuramente il digitale che consente di far vivere al proprio cliente un’esperienza di acquisto omnichannel assecondando i suoi desideri e, come nella migliore tradizione, in alcuni altri anticipandoli. Una industry all’avanguardia, portatrice dei veri valori della digital transformation, che la porta a essere “customer-centric” a 360 gradi.

Avatar, predicatori: il lusso è tech e fedele

Avreste mai creduto che un’influencer virtuale potesse avere un seguito di oltre 2,8 milioni di follower ed essere coinvolta nella lotta per i diritti LGBT o divenire la star di punta dei recenti Green Carpet Awards? O che Ikea, il noto mobilificio svedese, scritturasse un avatar per promuovere la sua catena di negozi a Tokyo? No, non è fantascienza e non siamo neanche nell’ennesimo remake di Blade Runner ma è realtà a portata di mano e soprattutto di Brand: avatar con fattezze e imperfezioni umane come Lil Miquela o Imma sono le nuove star di piattaforme social come Instagram e sono letteralmente ingaggiate da aziende del lusso e non solo in qualità di nuovi testimonial.

Foto tratta dal profilo Instagram di @lilmiquela

Perché? Cosa sta cambiando nel mondo degli influencer umani tanto da preferire i corrispettivi umanoidi? Sicuramente come ci dicono i nostri autori è un tema di approccio e di capacità di attivare le proprie community intorno a temi e concetti di più ampio respiro rispetto al sogno di possesso di un #supplied o #giftedby. Un po’ quello che hanno fatto i #Ferragnez durante la pandemia invitando i propri followers ad avere comportamenti consapevoli e filantropici attraverso le donazioni a favore dei reparti di terapia intensiva. Si sta configurando, quindi, un nuovo tipo di influencer che diviene portatore di valori (e non è anche questo un concetto di lusso?) e, come un pifferaio magico, guida la schiera dei fan verso uno stile di vita e un approccio alla medesima più elevato.

E’ quanto sta accadendo anche nel mondo reale e dei fedeli, in realtà: i predicatori, soprattutto negli Stati Uniti, sono le nuove star della rete e della TV e passano da Hollywood per reclutare il proprio gregge smarrito. Da circa sei anni a questa parte va di moda la Chiesa Cristiana Pentecostale a cui si stanno convertendo molte celebrities. Non è inusuale, allora, trovare predicatori abbigliati con uno stile fintamente streetwear fatto da Nike da 5.000 dollari, Rolex d’oro ai polsi e case che sono delle vere e proprie gallerie di design. Sono loro a dettare uno stile, una tendenza e una nuova via della fede (e della moda) da seguire.

“Il lusso non è investimento ma soddisfazione del piacere”

e dell’anima, aggiungiamo noi.

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