Banca Mondiale: il clima causerà 143 milioni di migranti entro il 2050

Alessandro Cipolla

23/04/2019

23/04/2019 - 16:57

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Secondo uno studio della Banca Mondiale, i cambiamenti climatici entro il 2050 potrebbero causare la migrazione interna di oltre 140 milioni di persone.

Banca Mondiale: il clima causerà 143 milioni di migranti entro il 2050

Greta Thunberg, la giovane attivista svedese in prima fila nella lotta contro i cambiamenti climatici, ha avuto senza dubbio il grande merito di accendere la discussione su un problema che riguarda tutti noi molto da vicino.

Al tempo stesso, una parte dell’opinione pubblica nostrana forse per una certa antipatia di fondo verso Greta, sta ora dando un’accezione quasi negativa al termine “ambientalista”, così come avvenne con la parola “pacifista” negli scorsi anni.

Il cambiamento climatico quindi viene ridotto quasi a una cosa cara soltanto ai “frikkettoni” oppure a quella sinistra radical chic “col Rolex”, visto che “con due gradi in più a Bergamo si sta meglioVittorio Feltri dixit.

Ai lettori di Libero però c’è un argomento che sta molto a cuore, quello degli immigrati. Uno studio recente della Banca Mondiale ha spiegato che entro il 2050 nel mondo ci saranno 143 milioni di migranti interni a causa del clima.

Un’altra ricerca questa volta dell’Ipcc ha invece calcolato che, tra i migranti arrivati in Italia dall’Africa tra il 1995 e il 2009, il 90% di questi lo ha fatto a causa dei cambiamenti climatici che hanno interessato soprattutto l’area del Sahel.

La confusione sull’immigrazione

La nuova comunicazione politica basata tutta sugli slogan e vissuta quasi interamente sui social, ha il grande demerito di aver svuotato quasi del tutto le parole dei vari leader di significato.

In tema immigrazione per giustificare l’ostracismo verso qualsiasi forma di accoglienza, da noi va di moda l’ormai famosa nenia di “aiutarli a casa loro”. Peccato che in pochi poi abbiano specificato come nel concreto aiutarli, anche se forse questo è stato un bene viste le baggianate che si sono sentite a riguardo.

Dal cercare un posto “dove rimpatriare tutte le persone che si trovano in Italia e che non hanno diritto di stare qui” come detto da CasaPound, fino a una sorta di “Piano Marshall per l’Africa” stando al Salvini pensiero.

Parole che fanno capire come per questi esponenti politici l’immigrazione, nonostante sia il loro principale cavallo di battaglia, rimanga un concetto misterioso come lo era per Sigmund Freud il capire cosa possa volere una donna.

Al momento le due principali cause di migrazione sono la guerra e il clima. Per quanto riguardo la prima problematica, occorre prima di tutto che le grandi potenze occidentali la smettano di armare le varie fazioni in lotta per i loro interessi, ovvero il controllo delle ricchezze del sottosuolo.

Invece di mandare soldi che alla fine andrebbero soltanto ingrossare le tasche di chi è al potere, si dovrebbe favorire il pieno sviluppo democratico ed economico con le multinazionali, comprese quelle italiche, che dovrebbero “tornare a casa loro”.

Il rivoluzionario Thomas Sankara quando diventò presidente del Burkina Faso mise in atto importanti campagne di sviluppo, rifiutandosi di voler pagare il debito estero del paese risalente all’epoca coloniale.

Fu ucciso a 39 anni in un colpo di stato ordito dal suo vice, che poi ha guidato il paese per quasi trent’anni appoggiato dalle grandi potenze atlantiche. Il Burkina Faso ora è uno dei paesi più poveri al mondo.

Il problema del clima

Thomas Sankara che oltre a un abile guerrigliero era anche un politico lungimirante, tra le varie riforme messe in atto durante i suoi quattro anni di presidenza puntò molto sul fermare la desertificazione in atto nel Sahel piantando milioni di alberi.

Adesso che siamo nel 2019 la Banca Mondiale ci dice che i cambiamenti climatici entro il 2050 andranno a causare 143 milioni di migranti interni. Uno studio dell’Ipcc evidenzia poi che l’80% degli immigrati arrivati dall’Africa prima del 2009 lo ha fatto per motivi riconducibili al clima.

Per proprietà transitiva, chi vuole arginare l’ondata migratoria “aiutandoli a casa loro” dovrebbe essere il primo paladino della lotta ambientalista. In teoria farebbe anche un favore a se stesso visto che su questa pianeta dobbiamo viverci tutti.

Le catastrofi naturali in Asia costringono la gente ad abbandonare la propria terra, suolo che in Africa invece diventa sempre più desertico: chi vive di agricoltura quindi non può far altro che lasciare il posto dove vive e cercare fortuna altrove.

La ricerca dell’Ipcc poi parla anche di alcuni paesi africani vicini alla soglia termica, che è la quota temperatura massima sopportabile per l’organismo umano e animale. Se a Bergamo avere un paio di gradi in più può risultare gradevole, in Ciad la pensano diversamente.

La migrazione se può risultare un fenomeno “fastidioso” per chi deve accogliere, lo è ancor di più per chi deve partire lasciandosi tutto alle proprie spalle per intraprendere un viaggio che può essere anche mortale.

Un politico che abbia un minimo di raziocinio per cercare di porre un freno all’immigrazione dovrebbe proporre un passaggio dalle fonti fossili alle energie rinnovabili, insieme a un dettagliato programma per contrastare la desertificazione e a una stretta sullo sfruttamento delle risorse da parte delle multinazionali.

Chi invece parla di blocchi e di muri con ogni probabilità o non ha capito nulla sulle vere cause dell’immigrazione, oppure sta soltanto facendo delle becera propaganda sulla pelle di migliaia di disperati.

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