Attentato aeroporto Istanbul: i tre attentatori suicidi autori dell’attacco terroristico allo scalo di Ataturk erano della Russia, Uzbekistan e Kirghizistan. Tutti militanti nelle file dello Stato Islamico
Attentato aeroporto Istanbul: i kamikaze autori della strage all’aeroporto internazionale di Ataturk a Istanbul sono stati identificati: un daghestano, un uzbeko e un kirghizo, tutti jihadisti affiliati all’ISIS.
Attentato Istanbul: le indagini e gli arresti
I militanti, originari delle ex repubbliche sovietiche, erano arrivati in Turchia il mese scorso con passaporti probabilmente falsificati ed erano residenti nel quartiere di Fatih, popolato in maggioranza da profughi siriani.
Una retata ha permesso l’arresto di altre 22 persone probabilmente coinvolte nell’attentato che è costato la vita a 44 persone e ne ha ferite 239.
Altri nove combattenti sospetti, forse in contatto con i membri dell’ISIS in Siria, sono stati arrestati in un raid all’alba nei quattro distretti di Izmir. Sono stati accusati di aver finanziato e fornito supporto logistico al gruppo che ha lanciato un attacco kamikaze “ariete” allo scalo martedì.
Attentatori Istanbul: le ex repubbliche sovietiche nel mirino
I media turchi siano divisi sulle origini degli attentatori: per il quotidiano turco filo-governativo Sabah i tre sarebbero originari di Uzbekistan, Kirghizistan e Daghestan, per Milliyet del Tagikistan, mentre altri parlano della Cecenia.
Ancora non si hanno conferme, l’unica certezza è che provengono da regioni post-sovietiche.
Vladimir Putin aveva dichiarato che sono più di settemila i combattenti fondamentalisti arrivati in Siria dalla Russia e da questi paesi dell’Asia centrale. Sembra che esista un vero e proprio polo di addestramento in questa zona stretta nell’enclave devastata dalla guerra, in mano al Califfato e ai suoi jihadisti.
Attentato Istanbul: le colpe della Turchia
Forse la Turchia, Stato centrale e strategico nella risoluzione del conflitto siriano, paga lo scotto di aver strizzato l’occhio al terrorismo troppo a lungo e di aver così creato un clima permissivo in cui potesse proliferare, facendo sì che i combattenti sfruttassero il suo territorio come crocevia per i propri traffici e spostamenti.
Basti pensare al commercio illecito di petrolio, al passaggio sui suoi confini dei foreign fighters: tutte concessioni che hanno nutrito il vitello grasso del Califfato, ora rancoroso verso la Turchia che da silenzioso vassallo si è trasformato in oppositore, cedendo alle pressioni della coalizione internazionale anti-ISIS.
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